AGI - Il diritto è fatto talvolta di precedenti, il dovere spesso di consuetudini. Ecco allora che Papa Benedetto XVI, con la sua rinuncia del 2013, ha scritto una pagina indelebile nella storia millenaria della Chiesa, costringendola a considerare ciò che non era considerabile dal 1294, annus horribilis di Celestino e Bonifacio. Considerare, cioè, non solo la possibilità di un'abdicazione, ma il principio che un pontefice possa abbandonare spontaneamente il Soglio di Pietro negli ultimi anni di vita, per motivi di salute o di età, o di stanchezza.
Non è questione piccola, perché un tal principio che entri nella prassi potrebbe portare, è stato notato, al passo successivo: le pressioni affinché un papa stanco o malato sia portato con il convincimento e la persuasione a lasciare: E qui si entrerebbe nello scivoloso campo del rispetto della volontà, espressa o meno che sia. Il gesto di Celestino V non fu mai considerato volontario, per intenderci, nonostante qualche storico oggi non condanni del tutto la figura di Bonifacio VIII. L'importante è che tutto ciò non si ripeta.
Ratzinger, è risaputo, lasciò per via della "età avanzante", e anche questa motivazione non ha mai convinto tutti. Si è parlato anche della delusione, del desiderio di dare una scossa al corpaccione inerme della Chiesa cattolica, di tutte queste cose messe insieme. Ma se scusa fu, la sua, fu ben trovata: il precedente immediato era infatti quello di Giovanni Paolo II, che giunse allo stremo delle forze e nessuno sa dire con certezza quanto avesse il controllo della Curia, negli ultimi tempi. Perché questo è il problema: un Papa vecchio anziano stanco e malato, quanto può svolgere in piena libertà le sue funzioni pastorali e non solo?
Quando Benedetto disse basta a criticarlo fu, non a caso, il fedelissimo segretario di Wojtyla, il cardinale Stanisaw Dziwisz, il quale quasi stizzito commentò che dalla Croce non si scende. Parole dure, stillanti sorde accuse di pusillanimità. Sicuramente ingenerose perché ad impossibilia nemo tenetur, ma ad ogni modo centrate sul cuore di un dibattito che fu sollevato, Giovanni Paolo II ancora regnante e fisicamente forte, dal cardinal Lehmann, presidente in quei giorni dei vescovi tedeschi.
Adombrata che ebbe l'ipotesi di dimissioni pontificie, prontamente Lehmann ritrattò, negò di aver detto che il Pontefice potesse pensare ad andarsene, ma ugualmente Wojtyla (nel modo più formale possibile: di fronte al corpo diplomatico) lo gelò. "Tutti siamo responsabili di tutti. È Dio che ce lo chiede e mai ci domanda qualcosa al di sopra delle nostre forze" sillabò, "Lui stesso ci dona la forza di compiere ciò che da noi attende". Parole quasi identiche a quelle di Dziwisz, che evidentemente però non convinsero l'allora responsabile dell'ex Sant'Uffizio, un porporato chiamato Joseph Ratzinger. Adesso quel precedente, fonte la più debole del diritto ma ugualmente fonte, pesa. Pesa non più sulle spalle ormai libere da ogni gravame di chi lo ha creato.
Pesa su quelle del successore, anagraficamente ora nella stessa posizione di Benedetto il rinunciatario. L'uno ha 85 anni, l'altro li aveva quando disse 'lascio'. Viste le pulsioni e i movimenti interni alla Chiesa bergogliana, ma soprattutto a quella antibergogliana, è facile immaginare che qualche pressione su Francesco venga esercitata affinché prima o poi segua l'esempio.
Per anni analisti osservatori e qualche consacrato hanno indicato nella scomparsa di Ratzinger il momento del dunque: se l'ostacolo più grande ad un ritiro consiste nel non poter creare un collegio di papi emeriti, il ritorno di Benedetto alla Casa del Padre rimuove l'impedimento. Soprattutto nei primi anni del pontificato Francesco ha dato l'idea di condividere la posizione del suo predecessore. Ha anzi lasciato intendere che potrebbero presentarsi altre rinunce, in futuro.
Adesso poi Bergoglio dà segni di stanchezza: la gonalgia che lo costringe alla sedia a rotelle anche alla messa di Natale, la voce meno squillante. Ma basta per una seconda abdicazione? Francesco sta per partire alla volta di Congo e Sud Sudan, mentre giunge voce che ha detto sì anche ad un invito nella lontanissima Mongolia. Non è l'atteggiamento di chi sta pensando a scendere dal treno. Inoltre, ultimo di una serie di interventi in materia, ha parlato della faccenda in una intervista alla testata spagnola Abc.
"Ho già firmato le mie dimissioni", in caso "di impedimento medico", ha detto. Come a dire: sono pronto, ma ci vogliono alcune condizioni ben precise. Ed è stato aggiunto che lo stesso avevano fatto anche altri tre suoi successori, ad analoghe condizioni, Si tratta di Pio XII, Paolo VI e Giovanni Paolo II. Nessuno dei tre vi ha fatto ricorso, soprattutto quest'ultimo. Anche qui, in fondo, il diritto è fatto talvolta di precedenti, ma il dovere è fatto dalle consuetudini.