AGI - Tornano a rombare i cannoni, riprendono le loro vecchie abitudini le spie. La guerra in Ucraina fa tornare al passato da molti punti di vista: è di nuovo in Europa che si combatte, e con modalità che si ritenevano dimenticate dal '45; gli arsenali si rivelano insufficienti e semivuoti ad est come ad ovest della Vistola, così andranno riempiti di armi convenzionali; il sogno di conflitti "puliti" e combattuti in guanti quasi bianchi si rivela essere tale, cioè un sogno.
Caro mondo digitale, non sei al tramonto ma stai vivendo esattamente ciò che vivesti e vivi nell'editoria: l'antiquato - sia esso la televisione come la radio come il quotidiano su carta - non scompare, sopravvive anche se sottoponendosi a dolorosa mutazione. È la legge del Lavoisier applicata alla concreta necessità di farsi i fatti degli altri: nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma. Anche i Servizi: normalmente resi allo Stato, talvolta subiscono la metamorfosi dello Stato reso ai Servizi. Fu così con Berija, per non dire di Klaus Wolf. Ma anche di Hoover.
In Germania ne hanno beccata adesso una, pare, di spia russa. Verrebbe da dire sovietica, tanto è forte il dejà vu. Ad essere precisi sarebbe un agente tedesco dei servizi tedeschi che opera in Germania, ma per conto del Cremlino. Vecchia storia: quando c'erano loro, i totalitaristi di Mosca e Berlino, Heydrich usava questi ambigui canali per spingere Stalin a concentrare le sue sanguinose purghe sull'Armata Rossa, e preparare cosi dall'altra parte del fronte l'Operazione Barbarossa. Ai tedeschi non era bastato vent'anni prima chiudere Lenin in un vagone piombato Zurigo-San Pietroburgo solo andata, e che la Rivoluzione facesse il suo corso. Nossignore, perché in Europa dove lo spionaggio è nato la guerra vien fatta così. Gli americani, capita l'antifona, per restare in partita trasformarono l'Oss nella Cia e la Guerra Fredda se la aggiudicarono anche con gli scambi sul Ponte Glienicke, lungo la via che conduce a Potsdam.
Siccome però per l'appunto tutto si trasforma, ecco che bisogna considerare con il dovuto rispetto la guerra di spie combattuta con la tecnologia. Materia talmente proteiforme da rendere impossibile una sintesi chiara, dettagliata e soprattutto aggiornata. Noi riusciamo solo a coglierne i sintomi più evidenti, sotto forma di attacchi hacker e magari emissione di bitcoin (anche qui: il caso Cicero la fa da insegnamento). L'altro giorno, per dire, al Parlamento Europeo qualcuno ha bloccato il sito, e poi persino quello del Vaticano. Più che il danno in sé, conta il gesto: se vogliamo riusciamo a penetrare fin dentro le giunture dei vostri sistemi, e possiamo sapere tutto. Persino il colore dei vostri calzini. Ma è così, con il massimo dei successi che, a guardar bene, l'evoluzione giunge alla sua piena maturazione; quindi inizia la fase non della decadenza, ma delle contromisure efficaci. Prima di spiegare, però, restiamo in Vaticano con un racconto illuminante.
Era il 1978 ed un gesuita molto colto e preparato, Padre Graham, ricevette l'incarico segretissimo e non poteva essere altro di stilare un rapporto sulle spie dei regimi comunisti infiltrate nelle Sacre Stanze. Tre anni dopo, per intenderci, Agca avrebbe sparato a Giovanni Paolo II. Graham vide, guardò, ascoltò, ponderò, scremò e scrisse e riscrisse un dossier esplosivo quanto utile. Non si era accorto che, a due stanze dalla sua, un giovane gesuita anche lui guardava vedeva scremava e scriveva dossier, ma per l'altra parte. Era un maggiore dei servizi segreti polacchi, si chiamava Tomasz Turowski e tanti anni dopo, dopo essere stato ambasciatore - si noti - a Mosca e all'Avana, con calma e sfrontatezza avrebbe ammesso: "Ricevevo istruzioni con l'alfabeto Morse grazie ad un radioricevitore che avevo nascosto in camera. Inviavo messaggi via posta, con testo cifrato occulto, nascondendoli nelle fotografie (in strati fotosensibili) o in pellicole di microfilm. In casi importanti arrivavano i corrieri dalla Polonia, con tutte le precauzioni del caso".
Ora, vien da pensare, il Morse chi lo userebbe più, e gli strati fotosensibili delle fotografie non hanno ragione di esistere perché su carta se ne stampano ben poche, abituati come siamo alle memorie degli smartphone. La dimensione digitale dell'intelligence riduce teoricamente al minimo il rischio fisico. Basta un satellite ben piazzato e chi per amore catturava una spia russa adesso resterebbe zitellone impenitente. Persino il polonio del caso Litvinenko potrebbe sembrare obsoleto come lo sembravano fino all'invasione dell'Ucraina gli arsenali nucleari regolamentati dall'obsoleto anch'esso Accordo Start. Ma il punto è proprio questo, l'obsolescenza e la guerra in Ucraina. Filtra in queste ore la notizia che, dalla fine di febbraio, sempre i tedeschi abbiano impacchettato e rispedito Oltrecortina (la Cortina di Ferro) una quarantina tra Mate Hari e Klaus Fuchs. Colpisce, prima ancora della dimensione del danno eventuale, il loro numero.
Vuol dire che di soggetti del genere, ai quattro cantoni del Vecchio Continente, ce ne saranno centinaia per non dire migliaia. E tutti saranno intenti alla loro opera, dotati di computer e attrezzi affini, perché senza il computer e gli affini non si fa più niente. Tutto materiale altamente intercettabile dai controspionaggi. La miglior prova? Solo in Germania ne hanno espulsi quaranta, di questi informatici. Pensiamoci bene e azzardiamo una conclusione. Ecco allora che il polonio di matrice inconfondibilmente russa potrebbe essere sostituito dal meno identificabile arsenico delle commedie di Frank Capra, e i documenti in pdf o quel che sia con i vecchi pizzini che funzionano sempre. Per farli giungere a destinazione, poi, ci sono sempre i piccioni. Basta che volino bassi e nessun radar li potrebbe intercettare. Perché se le guerre abbiamo ripreso a combatterle con i vecchi mitragliatori, minacciando il ricorso agli euromissili degli anni '80, allora si dimostra che la frontiera del futuro è il passato, e che l'intelligence basata sul digitale è tale e quale all'economia su cui si basa il bitcoin. Vale a dire: del tutto inesistente.