AGI - "La mia reazione? Di dispiacere, un grande dispiacere. Perché tra una cosa e l'altra sono a Bruxelles da 14 anni e mi occupo di relazioni istituzionali da tutto questo tempo, soprattutto di relazioni con il Parlamento che è un'istituzione creata per gli elettori, per migliaia e migliaia di aziende, ed è a loro disposizione perché gli si possano rivolgere per formulare proposte. E Parlamento, Commissione hanno l'obbligo di rispondere. Quel che dispiace è che sono stati confusi i piani: questa è un'azione illecita, non un'azione di lobby, sono indignata per le cose che ho letto".
Chi parla con una certa concitazione e disappunto per quel che è accaduto sull'asse Belgio-Qatar, Bruxelles-Doha, è Anna Breda, responsabile per l'area di Bruxelles di Export Usa, società di servizi di consulenza per aiutare le aziende "a cogliere le opportunità del mercato americano" con sedi negli Stati Uniti e a Rimini oltreché nell'Unione europea.
Di fatto, una lobbista, termine da sempre inviso, trattato con molta diffidenza, specialmente oggi, dopo lo scandalo dei soldi in contanti trovati a pacchi e borsoni a casa della ex vicepresidente del Parlamento europeo Eva Kaili, il suo compagno Francesco Giorgi, scandalo che ha coinvolto anche l'ex eurodeputato di S&D Antonio Panzeri, presidente della Commissione del Parlamento Ue per i problemi economici e monetari.
Dottoressa, cos'è un'azione di lobbing?
"E' un'azione prima di tutto fortemente regolamentata. Ci sono dei protocolli, ci sono delle regole da rispettare e a cui tutti noi lobbisti dobbiamo attenerci. Sono oltre 30 mila le aziende europee accreditate al Registro per la trasparenza, per il quale però non credo ci siano altrettanti lobbisti. Comunque si tratta di un numero elevato di persone che hanno una loro professionalità e un codice etico che è molto ben controllato dal Registro per la trasparenza, in realtà".
Cos'è sfuggito al controllo nella vicenda Qatargate?
"Il problema si manifesta quando un ex europarlamentare che ha esercitato il ruolo per 14 anni inizia a fare lobbying da sè, perché è chiaramente più difficile da controllare se si mette in proprio, se non pensa di registrare la propria attività presso l'apposito Registro, che ripeto è obbligatorio se si vuole intervenire presso l'Europa, Registro che per altro è accessibile a tutti. Lì dentro ci sono tutte le indicazioni, chi siamo, gli eventi che organizziamo, abbiamo un numero di matricola, un badge. Ho dovuto aggiornare i miei dati proroprio oggi".
Diciamo così, c'è un lobbismo lecito e uno illecito.
"No, no, c'è solo un lobbismo, quello lecito. Non esiste il suo contrario. C'è probabilmente, semmai, un tentativo di estorcere informazioni, ma quella non è lobby. Il nostro è un esercizio di dialogo verso e con le istituzioni per poter far passare un messaggio e si può articolare in vari modi. La lobbista è deputata a sensibilizzare rispetto a un tema affinché se ne parli o a modificare una proposta di legge che la Commissione ha passato al Parlamento e che si trova in corso d'approvazione. Quindi ci sono vari modi di fare lobby o advocacy, due azioni che sono entrambe superlegittime. Uno può poi anche decidere di intraprendere delle azioni illecite, ma quella non è fare lobby".
I lobbisti sono sotto attacco e accusa. Cosa risponde?
"Certo, ne abbiamo lette di tutti i colori, ho anche letto diversi articoli in cui si diceva che è colpa delle lobby se succedono queste cose, ma in realtà il nostro ruolo è molto importante perché le aziende hanno bisogno di non subire le normative che arrivano dall'Europa ma di esserne protagoniste, di intervenire. Quindi, in realtà, non è colpa dei lobbisti ma di chi estorce con il denaro certi risultati".
Però il denaro appare avere un ruolo in questi casi.
"Si sbaglia. La lobby non si fa con il denaro a Bruxelles, non si paga, nessuno paga". Aggiunge Anna Breda: "Il lobbista è un rappresentante di interessi. Un self manager. Così come l'avvocato rappresenta gli interessi della controparte in sede di dibattito in aula e di difesa, io sono un mediatore di fatto per le aziende nei confronti delle istituzioni e aiutare queste ultime a comprendere cosa serve in questi casi realmente alle aziende. A tutti gli effetti si tratta di un'azione di mera intermediazione e mediazione che richiede determinate conoscenze da parte del lobbista. E non solo del dossier in sé, perché il dossier lo conosce bene la stessa azienda interessata, ma di conoscenza profonda di come le istituzioni funzionano, con che regolamenti si muovono. È lo stesso rapporto che ha un addetto stampa con i giornalisti: cerca di sensibilizzare chi fa informazione sulle posizioni di un azienda o un istituzione".
Alla fine della fiera, spuntato un accordo, un contratto, piazzata una posizione, non ci sono scambi di favori, compensi, viaggi, ospitalità?
"No, non c'è denaro, non c'è scambio di favori. Quel che c'è è solamente del networking event, momenti di dialogo con le istituzioni, magari con un panel di relatori e dopo l'intervento si mangia qualcosa insieme o si beve qualcosa e si chiacchiera del tema che si è trattato".
Quante sono le società lobbying, i lobbisti accreditate presso il Parlamento, al fixing del 16 dicembre, visto che il dato si aggiorna costantemente?
"Ad oggi 12.411 iscritti, di cui 3.504 rappresentano interessi commerciali, 674 promuovono interessi dei loro clienti, 8.193 promuovono il proprio interesse o gli interessi collettivi dei loro membri".