AGI - Andrea Costantino racconta che nel carcere di Abu Dhabi era uno di quelli “con l’uniforme bardata di rosso per indicare che ero uno pericoloso”. Come tutti gli altri, “morso dai topi e coi piedi che affondavano negli escrementi”.
L'arresto e la scarcerazione "per supremi interessi di Stato"
“Chissà che bella la mia Milano a Natale. La prima della Scala, le feste…”. L’imprenditore milanese risponde all’AGI dalla sede dell’ambasciata italiana nella capitale degli Emirati Arabi Uniti dove si trova "ai domiciliari sepolto vivo da sei mesi in un tugurio di 16 metri quadri” dopo essere stato detenuto dal marzo 2021 al maggio 2022 in seguito all’arresto “con l’accusa di avere venduto gasolio in Yemen. I documenti da me portati però dimostrano che era una fornitura a scopo umanitario autorizzata dalla coalizione emiratino saudita".
Scarcerato “per supremi interessi di Stato”, ha scritto il procuratore locale, dovrebbe pagare una sanzione di 275mila euro che non ha. E’ pronto a “uno sciopero della fame a oltranza se non mi verranno date informazioni sul mio futuro" e ha voglia di narrare, in alcuni passaggi con fatica per l’emozione, la sua esperienza da recluso.
"Andavamo nelle latrine coi topi che uscivano dallo scarico"
Ricorda con precisione le misure della sua prigionia nell’istituto di massima sicurezza Al Whatba. “In 33 metri di lunghezza per un metro e mezzo di altezza di corridoio c’erano 127 persone ammassate con 5 latrine. Potevi stare in corridoio o in cella, io sono stato prima in una cella di 16 metri quadri con altre 13 persone e poi in una di 6 metri quadri assieme ad altre due. Vi faccio immaginare quando dovevi fare la doccia in una latrina in bilico sopra lo scarico, i bisogni di notte li facevano nei sacchetti perché il bagno non c’era”.
Nella struttura, “venivano tenuti separati gli emiratini dagli stranieri, quasi tutti prigionieri politici, tra cui quelli dell’Isis, persone molto feroci”. Costantino dice che alcuni aspetti della carcerazione non li può raccontare per non mettere a rischio il suo rientro. Fa capire che il fatto di essere cattolico gli ha provocato dei momenti difficili. “Tra i problemi in carcere, “la scabbia e i topi, ho le cicatrici dei loro morsi".
"In carcere facevo il 'medico' degli altri
“Vengo da una famiglia di medici e lì ho cercato di aiutare i compagni di sventura, mi adoperavo con le guardie per fare avere i medicinali a chi ne aveva bisogno. Le condizioni umane erano precarie”. La vita in ambasciata è più tranquilla ma non meno difficile a livello psicologico.
Da quasi due anni Andrea Costantino, 50 anni, non vede la moglie Stefania (“la sento almeno due volte al giorno, mi fa stare bene”) e i figli. L’unico che è riuscito a vedere è stato il padre, ad agosto del 2021: “Vivo in uno stato di abiezione. Sono un sepolto vivo. Per farmi portare la spesa uso la carta di credito che mi ha lasciato papà. Non posso uscire dall’ambasciata, rischierei un nuovo arresto".
Nei giorni scorsi ha fatto un appello alla premier Giorgia Meloni per aiutarlo a tornare in Italia. E’ sicuro di essere vittima di una vicenda diplomatica dopo la decisione italiana presa dall’allora ministro Di Maio di revocare la vendita di materiale da difesa all’Arabia Saudita e agli Emirati.
Intanto è partito uno sciopero della fame su iniziativa dei radicali lucani a staffetta in solidarietà con lui. “Sta avendo un grande successo, sono sommerso di messaggi. Spero ancora di essere a casa per Natale”.