AGI - Sono adolescenti che "decidono" di isolarsi da tutto. Si ritirano dalla vita sociale e dalla scuola per rinchiudersi in casa e, molto più spesso tra le quattro mura della propria stanza e hanno come unica finestra sul mondo internet, una Rete che li tiene in trappola.
Sono i giovani 'Hikikomori', 15enni affetti da una condizione patologica in cui un individuo resta in isolamento ogni giorno per più di sei mesi. Riconosciuta in Giappone per la prima volta nel 1998, è in costante aumento soprattutto nei Paesi industrializzati.
"Sono sempre più i riceratori a livello internazionele che hanno iniziato a studiare la Sindrome di Hikikomori. Il fenomeno è in estrema crescita, non ci sono dubbi". È l'allarme lanciato all'AGI da Marco Crepaldi presidente dell'Associazione Hikikomori Italia.
"L'inizio dei sintomi di ritiro avviene durante l'adolescenza, intorno ai 15 anni ma se non si interviene correttamente la sindrome tende a cronicizzarsi e può perdurare potenzialmente per tutta la vita. È importante - sottolinea - stare molto attenti a non sottovalutare neanche i primi mesi di isolamento perché sono i più delicati e se non si riesce a intervenire subito il rischio è che da mesi si trasformino in anni". Al momento Hikikomori è considerato solo un "fenomeno sociale che riguarda tutto il mondo".
I sei mesi come termine per riconoscere la sindrome "sono stati stabiliti dal ministero della salute Giapponese, ma è un criterio assolutamente interno alla nazione e non è detto che debba essere adottato a livello internazionale. Io ritengo - spiega Crepaldi - che sia fuorviante perché l'isolamento tipico di questa sindrome ha diverse fasi che possono aggravarsi con il tempo. Dopo un isolamento totale di 2-3 mesi non ha senso aspettarne sei per intervenire".
Anche se i campanelli d'allarme possono sembrare semplici da riconoscere è un fenomeno molto difficile da diagnosticare, "spesso - continua l'esperto - si associa alla depressione, soprattutto nella fase prolungata dell'isolamento, in particolar modo quando diventa patologico. Molte volte Hikikomori viene confuso con una forma di dipendenza da internet perché i ragazzi, non uscendo più, si rifugiano nei videogiochi, nei manga, nelle serie tv o nei film. Tutto ciò induce erroneamente un genitore a pensare che il problema sia il web".
Dunque per Crepaldi è "importante non confondere la causa con l'effetto. Allo stesso tempo però - sottolinea - è altrettanto sbagliato pensare che la soluzione possa essere costringere il giovane ad uscire o staccare internet. Sono escamotage che provocano l'effetto contrario".
Anche la pandemia ha giocato un ruolo negativo su questi ragazzi, "ha decisamente peggiorato la situazione" e - afferma il presidente di Hikikomori Italia - anche se non abbiamo ancora dati ufficiali come li ha il Giappone, che ha già stimato un milione di casi, parliamo di almeno 100 mila persone che si sono rivolti alla nostra associazione, l'unica in Italia".
Sono dati "molto difficili da raccogliere dal momento che chi ne soffre non chiede aiuto e si nasconde, diventado una sorta di fantasma per la società".
Secondo l'esperto non è facile risalire alla cause che scatenano, ma molto può dipendere "dalla società, oggi troppo competitava che fa sentire questi ragazzi inadeguati e imaputiti".