AGI - Una scommessa quotidiana, o quasi, con il rischio. È questa che vivo a Roma ogni volta che esco in strada con la bici, che con il jogging è il mio hobby sportivo. Un ciclista investito e ucciso ogni due giorni, ma nella giornata di mercoledì due in un solo giorno; 180 morti nel 2021; 105 morti nel primo semestre di quest'anno.
Numeri agghiaccianti quelli che vengono da tutta Italia. Numeri che danno da pensare e che forse indurrebbero gli appassionati delle due ruote a pedali a pensarci bene prima di scendere in strada. Specie se poi si tratta di utilizzare la bici in città come Roma, che di piste ciclabili comincia a vederne un bel po' ma che ancora non sembra pronta a definirsi sicura.
Le insidie sono innumerevoli, la gran parte ovviamente inaspettate mentre le altre le devi calcolare anzitempo e decidere se proseguire o cercare di tutelarti, e naturalmente anche in questo caso non si è al riparo da contumelie leggere, insulti pesanti e gente che ti augura di finire con il rotolare comunque per terra e "crepare, tu e la tua bici di m..".
I problemi diurni
Già all'uscita in strada ti capita di dover meditare con attenzione che direzione prendere, ovvero se fare la via più diretta oppure preferire quella che pur costringendoti a slalom e a viuzze, se non andare addirittura sui marciapiedi (commettendo però una violazione), per aggirare gli snodi semaforici, e quindi evitare quegli incroci dove all'improvviso ti partono in decine e tutte insieme due ruote a motore e auto già strombazzanti prima ancora che il segnale sia quello del via libera.
Ci sono a Roma alcune zone dove per le biciclette è come scendere agli inferi. Pensiamo alla zona di piazza Vittorio, dove ci sono anche le insidie rappresentate dalla tramvia ma anche le buche sulla sede stradale - l'altro giorno un tassista ha dovuto scusarsi perché costretto a fare lo slalom tra la preferenziale, la sede tramviaria e le crepe sull'asfalto, evitando con maestria alcuni ciclisti anche loro alle prese con le stesse problematiche - oppure via Tuscolana.
Le incognite delle ciclabili
Anzi qui è da segnalare che c'è una ciclabile che da lì porta verso piazza Re di Roma che è una vera incognita: ogni tanto la ciclabile incrocia una strada, e non sarebbe un problema se al tempo stesso non fosse che l'automobilista sia costretto ad affacciarsi e quindi invadere la ciclabile per poter capire se immettersi a destra o sinistra.
Accade invece che l'autovettura vada oltre la propria linea di marcia, perché il conducente non ha la visibilità piena, e al tempo stesso arrivo io in bicicletta e devo avere riflessi attenti per evitare l'investimento o quantomeno l'impatto contro la fiancata del veicolo. E devo ritenermi fortunato se non mi sento mandare al diavolo, o ancor più.
Per non dire di ciclabili che di colpo spariscono, non sia sa dove finiscano: all'improvviso il tuo già complicato diritto sparisce nel nulla e ti ritrovi sul nastro d'asfalto aperto a tutti, piccoli e grandi automezzi. Ma anche la zona intorno a piazza San Giovanni in Laterano non è da meno in insidie: basti pensare al tratto più prossimo alla statua di San Francesco, oppure la rotatoria di piazza Re di Roma (come del resto in tutte le altre piazze della capitale non regolamentate da semaforo).
Ma se superi questi ostacoli non è detto che la giornata in bici sia ormai scevra da pericoli. I sampietrini sono un altro nemico numero uno, scivolosi come saponette quando piove, come pure le buche stradali ricoperte di foglie e quindi invisibili al ciclista, oppure le auto in doppia fila che costringono a deviare dalla linea di marcia, con il rischio di essere 'arrotati'.
"Ma prendere un autobus no, vero?...", se ti va bene è questa la frase che ti senti rivolgere dall'automobilista che si prende anche il fastidio di abbassare il finestrino lato passeggero per dire la sua. Ma anche i pedoni non sono una cosa semplice per i ciclisti: li trovi ovunque, anche sulla ciclabile. Spesso perché a loro volta devono raggiungere i cassonetti dei rifiuti, posti oltre la ciclabile. E se provi a lamentarti, ringrazia che non ti spintonino per terra. "Dove devo andare?, i cassonetti sono di là; i marciapiedi sono rotti, sono sporchi; ci sono le auto e le moto sopra, e quindi vado dove posso", la risposta più gentile.
La notte è anche peggio
Tutto questo nelle ore diurne o comunque con luce naturale. I guai diventano maggiori nelle ore serali: ci sono strade di Roma dove l'illuminazione pubblica e' scarsa, se non assente. E spesso accade in zone ad alta frequentazione di veicoli a motore, un esempio concreto via Nomentana dopo piazza Sempione, in prossimita' degli incroci con via Spegazzini e via Zanardini. Qui i rischi sono elevatissimi, inutile nasconderlo, e sorprende che non lo si comprenda. E poi ci sono le radici affioranti, o quasi, degli alberi, un'insidia anche per i motociclisti, e di sera è affatto facile notarla.
Un'altra insidia da cui ti devi guardare, di giorno e di sera, è rappresentata dallo specchietto laterale delle vetture: spesso arriva da lì il colpo decisivo, quello che ti sbatte per terra, perché il conducente della vettura ha calcolato male la distanza e comunque vuole sorpassarti anche se gli arriva di fronte un'altra vettura.
Forse ci vorrebbero piste ciclabili delimitate da cordoli in cemento e che gli incroci siano regolamentati da semaforo. Insomma servirebbe una nuova viabilità che consenta a me di andare in bici e all'automobilista di starsene sereno al volante senza bestemmiare o insultare o con i nervi tesi e inferocito. Certo, e' indubbio che ci siano anche i colleghi ciclisti che azzardano, fanno slalom o non si curano di avere una luce di segnalazione sul caschetto o sulla parte anteriore e posteriore della bici e costituiscano loro per primi un pericolo per sé e per gli altri.
È evidente che anche il ciclista debba fare la propria parte, non può solo lamentare carenze o inadempienze o maleducazione. Però non può essere che chi abbia voglia di andare al lavoro utilizzando la bici, o che ci hi voglia solo farsi una passeggiata debba rinunciarvi. Oppure scegliere l'Appia Antica. Dove però non è pedalare sul soffice Per intanto, alla fine, non ti resta che quando rientri a casa tiri un grosso sospiro di sollievo, ce l'hai fatta