AGI - Mazzette ai dipendenti dell’obitorio di Saronno per consentire ai loro familiari di vedere le salme positive al Covid, in violazione delle norme per limitare il contagio. C’è anche questa tra le contestazioni della Procura di Busto Arsizio e dei carabinieri di Saronno nell’ambito dell’indagine su presunti episodi di corruzione all’obitorio dell'ospedale della cittadina in provincia di Como che ha portato a due arresti e otto misure interdittive.
Due di divieto di esercizio della professione medica, 4 di divieto dall’esercizio della professione di impresario funebre, due di sospensione dall’esercizio di mansioni di addetto all’obitorio con divieto di concludere contratti con la pubblica amministrazione.
I reati ipotizzati a vario titolo sono corruzione di incaricato di pubblico servizio, peculato, furto, truffa, falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale.
50 euro per abiti e barba alla salma
Cinquanta euro: tanto avrebbe incassato e ottenuto "per aver raso la barba a una salma” un operatore dell’obitorio dell’ospedale di Saronno da un impresario funebre. Un atto, segnala il giudice di Busto Arsizio che ha firmato l’ordinanza letta dall’AGI disponendo le dieci misure cautelari nell’ambito dell’indagine sulla presunta corruzione nell’obitorio di Saronno, non certo di pietas verso il caro estinto ma “contrario ai doveri d’ufficio” secondo la legge. Lo schema si sarebbe replicato più volte vedendo protagonisti impresari di diverse ditte e lavoratori del luogo dove vanno a finire i corpi dei morti all'ospedale cittadino.
Altri 50 euro li avrebbe incassati un impresario "per avere vestito la salma di una donna. “Verosimilmente” la stessa cifra sarebbe arrivata da un altro operatore funebre nelle tasche di un dipendente come riconoscimento per “essersi attivato per conoscere l’esito del tampone” sulla salma di un uomo, giunto in una body-bag, così “da accelerare le procedure di ritiro e trasporto a cassa aperta”. Stessa somma da un altro impresario sempre in direzione obitorio “per avere mostrato” alla figlia il corpo del padre “prima di chiudere la bara”.
La "finta malata"
L’inchiesta è nata da alcune segnalazioni ai carabinieri arrivate alla direzione sanitaria nel novembre del 2020. Secondo gli inquirenti, 4 titolari delle pompe funebri avrebbero pagato alcuni dipendenti, uno dei quali arrestato, per ‘orientare’ i parenti dei defunti alla scelta dell’impresa a cui affidare il servizio funebre, ottenere informazioni, vestire e ricomporre le salme.
A due medici viene contestato di avere rilasciato falsi certificati di malattia a dipendenti pubblici e privati che venivano stipendiati senza lavorare. Un’addetta dell’obitorio dell’ospedale di Saronno, messa ai domiciliari, durante i periodi di assenza dal lavoro per malattia avrebbe lavorato come dipendente negli studi dei medici dai quali sarebbe stata certificata come finta malata. Infine, a chiudere il quadro investigativo, due dipendenti dell’obitorio avrebbero rubato materiale sanitario e di pulizia dell’ospedale di Saronno per venderlo.