AGI - Truffe, riciclaggio, evasione fiscale sono i reati per i quali la Guardia di finanza a Lecce e provincia ha arrestato otto persone e sequestrato beni per 133 milioni di euro. I militari insieme ai colleghi del servizio Centrale investigazione criminalità organizzata, hanno dato esecuzione all'alba ai provvedimenti emessi dal gip del Tribunale di Lecce, nei confronti di 8 soggetti (di cui 1 in carcere, 6 agli arresti domiciliari, 1 misura interdittiva) cui sono stati contestati a vario titolo i reati di associazione per delinquere, emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, riciclaggio, autoriciclaggio, sottrazione al pagamento delle imposte e bancarotta fraudolenta.
L'attività riguarda principalmente un operatore professionale del commercio di oro, metalli preziosi ed oro da investimento iscritto nell'apposito elenco della Banca d'Italia, la Esposito preziosi srl, con base a Racale in provincia di Lecce e sedi anche ad Arezzo, Marcianise, Catanzaro e Roma.
La società, in fallimento, era ritenuta tra le più importanti di Puglia con volumi di affari pari a quasi 300 milioni di euro nel 2019. Secondo gli inquirenti, sarebbe stata coinvolta di una fitta rete di società cartiere (italiane ed estere) e di un complesso sistema di frode fiscale e riciclaggio internazionale di denaro.
Secondo i risultati investigativi, i titolari della società salentina, con il concorso di alcuni professionisti, facendo ricorso a una rete di "prestanome", nel periodo dal 2016 al 2020, avrebbero utilizzato diverse società "cartiere", fuori dal territorio dello Stato, verso le quali sarebbero state bonificate ingenti somme di denaro giustificate con l'emissione di fatture per operazioni inesistenti, idonee a simulare l'acquisto di partite d'oro dall'estero.
Quasi contestualmente, le ingenti liquidità bonificate dalla società pugliese presso banche per lo più estere, attraverso rilevanti prelievi di denaro contante, sarebbero state ritirate e reintrodotte sul territorio nazionale, in parte anche utilizzate per ulteriori transazioni finanziarie "estero su estero", innalzando la complessità degli accertamenti e facendone perdere ogni tracciabilità.
In un solo triennio, sarebbero stati ritirati per contante,all'estero, oltre 120 milioni di euro. Il sodalizio criminale per impedire all'erario di incassare le imposte non pagate, si sarebbe liberato fittiziamente degli asset patrimoniali della società - destinata ad una irreversibile situazione di dissesto e poi fallita - trasferendoli ad altra società, con medesima attività e riconducibile di fatto alla stessa governance. Di conseguenza, la sede è stata trasferita fittiziamente in Bulgaria nel tentativo di evitare o sottrarsi ad eventuali conseguenze giudiziarie civili poste in essere dai creditori.