AGI - Crescono gli arrivi (+60%), le richieste di protezione internazionale (+56%) e la sofferenza del sistema di accoglienza (oltre 104mila gli ospiti). E in tale scenario le navi delle Ong, che quest’anno hanno portato sulle nostre coste circa 11mila degli oltre 92 mila arrivati, continuano a rappresentare “un fattore di attrazione”, sfruttato “dalle organizzazioni criminali che basano il loro modus operandi sulla presenza di assetti Ong nell'area".
L’informativa del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi parte dalla premessa che “priorità del governo è il rispetto della dignità della persona”, valore attraverso cui leggere “tutti gli atti e le scelte dell’esecutivo” in materia. Ma ribadisce anche che bisogna “coniugare umanità e fermezza”, che “in Italia non si entra illegalmente” e che “la selezione non la fanno i trafficanti. Vogliamo governare le migrazioni e non subirle".
‘Cuore’ del lungo intervento, la ricostruzione di quanto avvenuto nei giorni scorsi con i casi delle navi Ong Humanity 1, Geo Barents, Rise Above e Ocean Viking. Ricostruzione che è anche l’occasione per fissare alcuni punti fermi. "Non puo' essere un soggetto privato a scegliere in modo più o meno preordinato il Paese dove sbarcare i migranti, determinando con cio' stesso l'applicazione delle regole di Dublino sugli Stati di primo ingresso", dice Piantedosi.
#SenatodellaRepubblica informativa ministro #Piantedosi sui flussi migratori e navi Ong nel Mediterraneo: "agiamo con umanità e fermezza".
— Il Viminale (@Viminale) November 16, 2022
Sì all'accoglienza ma in Italia non si entra illegalmente, la selezione non la faranno i trafficanti di esseri umani.#16novembre pic.twitter.com/YpYueCf7Fe
"È un dato certo che le convenzioni internazionali vigenti non stabiliscono a priori quale debba essere il 'place of safety', né che esso debba coincidere, come talvolta si dice frettolosamente, con il porto più vicino e, conseguentemente, che l'Italia debba farsi carico di tutti i migranti che vengono portati nelle nostre acque territoriali da assetti navali privati perfettamente funzionanti e ben attrezzati e, quindi, senza problemi sotto il profilo della sicurezza della navigazione".
Morale: “nelle circostanze che hanno visto protagoniste le navi Ong in questione, l'individuazione del ‘pos’ avrebbe dovuto essere effettuato dallo Stato competente per l'area Sar in cui sono avvenuti gli eventi, quindi Malta e Libia, in cooperazione con lo Stato di bandiere delle navi, ovvero, in assenza di coordinamento quantomeno da parte di Malta, dallo Stato di bandiera in cooperazione con gli Stati costieri limitrofi”. E ancora, “la richiesta di un 'pos' in territorio italiano avrebbe dovuto essere inviata alle autorità italiane dallo Stato di bandiera delle navi Ong, non da queste ultime”.
Secondo il titolare del Viminale, in sostanza, “le navi delle Ong, proprio perché intervengono in contesti difficili, devono e dovrebbero coordinarsi con le autorità competenti scambiando flussi informativi tempestivi e completi. È evidente che se invece agiscono sistematicamente in modo autonomo, diminuisce la capacità dello Stato di area Sar di dirigere e condurre a buon fine l'operazione di salvataggio. Se poi, come avvenuto nei casi di specie, le navi Ong si dirigono verso i porti di uno Stato diverso da quello responsabile del coordinamento nell'area Sar senza osservare le procedure previste e in violazione delle leggi nazionali dello Stato costiero in materia di immigrazione, è legittimo considerare il transito di tali navi quale passaggio non inoffensivo, proprio ai sensi di quell'articolo 19 della Convenzione Unclos molto spesso invocata".