AGI - Centocinque imputati, tra poliziotti penitenziari, funzionari medici e dell'Amministrazione Penitenziaria, ci sono ritrovati questa mattina nell'aula bunker del carcere di Santa Maria Capua Vetere per il maxi-processo per i pestaggi e le violenze ai danni di detenuti avvenuti nel carcere di Santa Maria Capua Vetere il 6 aprile 2020.
I reati contestati a vario titolo vanno dalla tortura, omicidio colposo come conseguenza di tortura contestato solo a ventidue imputati, lesioni pluriaggravate, abuso di autorità, falso in atto pubblico. In udienza preliminare si erano già costituiti parti civili quattro associazioni e 95 detenuti dei 177 identificati come parti offese.
Presenti molti imputati, ma anche qualche vittima e parenti, come la figlia Vincenzo Cacace, deceduto nel giugno scorso, il detenuto sulla sedia a rotelle immortalato dalle telecamere interne mentre viene malmenato dagli agenti.
Durante l'udienza, altri 26 detenuti identificati come vittime, oltre all'associazione "Italiastatodiritto", hanno chiesto di potersi costituire parte civile.
Elisabetta Carfora, difensore di alcuni agenti, ha sollevato eccezione di incompetenza della Corte d'assise, con richiesta di spostamento del processo al tribunale per quelle posizioni non connesse al reato di tortura con l'aggravante della morte, fattispecie che ha determinato la competenza dell'Assise contestata in relazione alla morte del detenuto algerino Hakimi Lamine.
La corte scioglierà la riserva sulle richieste degli avvocati nella prossima udienza del 14 novembre, così come deciderà sull'istanze di costituzione di parte civile.