AGI - "La madre di Hudaifa sente che il suo bambino di due anni diventa sempre più freddo. Ad un certo punto si accorge della morte del figlio e tutti prendono consapevolezza del fatto. Questa madre lava il corpo del bambino, gli cambia i vestiti sporchi e apre la busta dei vestiti nuovi che avrebbe voluto mettere al figlio una volta arrivati sull'altra sponda del Mediterraneo. Dopo averlo vestito gli mette un profumo addosso e lo affida al mare con le sue mani".
Chi racconta questa scena straziante, che si ripete spesso nel Mediterraneo, è un migrante del gruppo che il 12 settembre scorso sbarcò a Pozzallo dopo quindici giorni alla deriva in mare.
Il racconto accompagna un filmato, visibile sul sito della dell'agenzia di fotogiornalismo umanistico e sociale www.gertahumanreports.com. "Inizi di Settembre - scrive l'attivista Nawal Soufi - la barca proviene da Antalya, Turchia. A bordo uomini, donne, molti bambini. A circa 71 miglia dalla Libia, muoiono per la sete tre bambini, Haret di tre anni, Hudaifa di due anni, Motaz di 12 anni, due donne, un uomo. Gli altri resistono bevendo acqua di mare con dentifricio".
Il cadavere di Hudaifa è ripreso mentre viene affidato al mare, gesto seguito da preghiere degli altri migranti: "L'aereo che ho visto ieri - racconta ancora la persona a bordo - ci ha mandato una nave e questa nave ci ha gettato dell'acqua come se fossimo dei cani e non siamo riusciti a prendere neanche una bottiglia. Un solo ragazzo e' sceso in mare e ha preso una bottiglia, ed e' finita subito l'ha bevuta mentre era in acqua. Ieri eravamo speranzosi, oggi attendiamo di nuovo che questo aereo passi e che ci riveda di nuovo".