AGI - Il senso di quella notte, Claudio Gentile, figlio di coloni italiani a Tripoli, Libia, ragazzo di 29 anni quella notte al Santiago Bernabeu, lo capì anni dopo.
Prima ci furono un patto d’acciaio cucito con la rabbia e un sentimento d’invincibilità che dilagava su prati verdi fino a spargersi nel regno degli immortali dove 40 anni dopo corrono tutti quei ragazzi con la maglia azzurra.
"Il giorno del patto per vincere"
“La goccia fu quando alcuni giornali scrissero che tra noi c’erano due omosessuali. Potete immaginare le famiglie, le fidanzate…Era un altro mondo da quel punto di vista. Ci attaccavano con ferocia e senza tregua da prima del mundial.I giornali di Roma perché Enzo Bearzot convocò Paolo Rossi che, a causa del calcio scommesse, aveva giocato solo tre partite, e non il capocannoniere giallorosso Roberto Pruzzo, quelli di Milano perché non aveva portato in Spagna l’interista Evaristo Beccalossi. La gente leggeva i giornali e pensava che saremmo usciti subito”.
Fu poco prima dell’inizio del girone di qualificazione, racconta Gentile all’AGI, che “tutti, calciatori, mister, dirigenza, decidemmo che era stato passato un limite. Silenzio stampa e il patto che avremmo fatto cambiare idea sul campo a chi ci massacrava”.
Detto questo, quel gruppo erano prima di tutto amici allegri e quell’allenatore con la pipa e il naso da pugile, Enzo Bearzot, un uomo che sapeva sgridare solo quando serviva davvero. “In ritiro eravamo gioiosi, ci facevamo in continuazione degli scherzi da ragazzini: la nutella sulla maniglia della porta, i giochi d’acqua. Bearzot ci lasciava fare, interveniva solo se esageravamo. La sera prima della partita però ci voleva tutti in camera e passava da noi, a uno a uno, a darci le indicazioni per il giorno dopo”.
Claudio Gentile all’inizio dormiva con Marco Tardelli “ma poi decisi di stare da solo. Avevo soprannominato Marco il ‘Coyote’ perché stava sempre sveglio e leggeva, leggeva…Io ero l’esatto contrario: alle dieci e mezza chiudevo gli occhi”. Anche la sera del 10 luglio del 1982, Enzo Bearzot bussò alla sua porta. “Mi annunciò che avrei dovuto marcare Pierre Littbarski col tono di chi pensa: ‘Che sarà mai, dopo che hai cancellato Maradona e Zico…’. Invece io ero preoccupato: quello era piccolo e svelto, gran dribbling. In ogni caso, dormii come un sasso, come sempre”.
La profezia per Pablito all'intervallo
La mattina dopo a colazione col caffé era nell’aria quel senso di invincibilità: “Non presunzione, ma una grande fiducia. Avevamo battuto Argentina, Brasile e Polonia. La Germania era forte ma se avessimo perso, dopo quel percorso, per noi sarebbe stata una sconfitta enorme. Era come, però, se ci sentisssimo predestinati alla vittoria”. Nel primo tempo, al minuto 25, Bruno Conti viene messo giù. Calcio di rigore. Tira Antonio Cabrini, addosso al portiere Harald Schumacher. “Nemmeno questo scalfì la nostra fiducia. Nell’intervallo non eravamo né delusi, né preoccupati. Ad Antonio dicemmo che gliene avremmo fatti due di gol nel secondo tempo”.
Claudio Gentile si avvicinò anche a Paolo Rossi. In breve gli annunciò una cosa semplice: ‘Ti farò dei cross bassi nel mucchio perché tu sei piccolo e quelli delle bestie”. Così andò. Cross del terzino, gol del capocannoniere, da allora e per sempre Pablito. Uno a zero. Finì tre a uno con la voce al solito pacata di Nando Martellini che si fissava nel cuore e nella memoria: campioni del mondo, campioni del mondo, campioni del mondo. La terza volta, la più bella.
"Le provocazioni di Zico e Maradona"
Un’estate fa, Enrico Chiesa, quando l’arbitro fischiò la fine della finale vinta dell'Europeo, ordinò a Siri nel centro del campo di chiamare la mamma per dirle grazie. “Io telefonai ai miei genitori solo il giorno dopo, per avvisarli che sarei atterrato a Roma. Erano contenti, li stavano festeggiando come i genitori di un campione del mondo”. La notte di Madrid ognuno la celebrò a modo suo: “Chi in camera attaccato al telefono, chi coi dirigenti in albergo, chi in giro come feci io con Collovati e Tardelli. Nei locali gli spagnoli ci riconoscevano e celebravano offrendoci da bere. In quel momento non ci rendevamo bene conto di quello che avevano fatto, avevamo solo voglia di scaricare le tensioni dopo un mese e mezzo vissuto con la paura di essere distrutti sui giornali a ogni passso falso”.
Gentile aveva cancellato i due più forti giocatori al mondo. “A Zico strappai la maglietta, ma era di quelle fatte con un tessuto a ‘nido d’ape’, si rompeva subito. Quando andò a protestare, l’arbitrò lo invitò ad allontanarsi. Maradona cercò di provocarmi in tutti i modi. ‘Hijo de puta’ mi ripeteva. Ma rimasi tranquillo e poi è stato espulso lui in quel mondiale, per un calcio allo stomaco a un brasiliano”.
Ancora non si da’ pace per essere considerato un difensore “violento”. “Nella mia carriera sono stato espulso solo una volta, per fallo di mano da ultimo uomo. Mai per azioni violente”.
Il 12 luglio Claudio Gentile inizia a capire quello che avevano fatto: “A Fiumicino ci accolse un cordone di gente di chilometri che arrivava fino a Roma. Ma fu alla cena al Quirinale che compresi quando il presidente Sandro Pertini, con la gioia in volto, ci disse: “Voi non vi rendete conto di cosa avete fatto. Voi avete salvato il Paese”. Eravamo ragazzi, ma sapevamo del terrorismo e dei problemi dell'Italia. E iniziammo a capire che quella vittoria valeva molto di più dello sport”.
Ora, e ogni giorno, il ragazzo di Tripoli, che vive a Como e sta lontano dai campi di calcio a cui preferisce lunghe pedalate, ha le prove che Pertini non esagerava: “Negli anni ho capito il senso di quella vittoria. Ancora la gente mi ferma per strada, mi ringrazia. Tanti bambini dell'epoca, che hanno 40-50 anni e si ricordano esattamente dove erano e la percezione di quella felicità tutta intorno”.
I vincitori del Mundial hanno un nuovo spogliatoio: “E’ una chat dove ci scriviamo tutti i giorni. Ci prendiamo in giro, commentiamo le comparsate in tv, ci sosteniamo. In questi giorni, c’è molta eccitazione per l’anniversario, siamo anche un po’ stupiti a dire il vero per tutta questa attenzione”.
Ci sono due buchi enormi: uno, in difesa, dove manca la visione lucida e saggia di Gaetano Scirea, l’altro lì davanti, dove non c’è più lo sguardo laser che metteva a sedere i portieri di Pablito. “Porca miseria, perché non ci sono più? Senza di loro non è la stessa felicità”.