AGI - Quando negli anni Venti, quelli del secolo scorso, i contadini dell’Appia Antica alla Caffarella alla ricerca di uno spazio per i prodotti dell’orto aprirono le porte di quella sorta di bunker trovarono, alla luce delle lampade, carriole, picconi, panche da lavoro, sacchi di mattoni e una temperatura fresca e umida. Quei 17 gradi costanti che garantiscono l’ambiente ottimale d’estate e d’inverno per la coltivazione dei funghi, Champignon e Pleus per essere precisi.
E così è stato che fino agli anni Ottanta, quella cava romana (dall’epoca imperiale alla fine dell’impero) di pozzolana per il calcestruzzo, che aveva fornito i mattoni per i palazzi rinascimentali e fino al 1920 per le case dell’Esquilino umbertino e post-unitario, è diventata una fungaia. Poi l’oblio, i vandali e di nuovo il buio.
Finché quei 35 chilometri di cunicoli (cinque chilometri in lunghezza e uno in larghezza), con ancora incise le picconate degli operai, hanno rivisto (fuori di metafora) la luce. Dopo due anni, tra autorizzazioni, pulizie, messa in sicurezza, collegamenti ad acqua e corrente, rallentamenti causa Covid e allestimento, l’associazione Sotterranei di Roma, che la gestisce, ha riacceso la cava del Parco dell’Appia Antica (a dieci minuti dall’ingresso del Parco), questo il nome, e sabato, alla presenza del sindaco di Roma, e, tra gli altri di Mario Tozzi, geologo di fama, ricercatore e personaggio televisivo tra i più noti, diventerà ufficialmente un museo, il Museo dei sotterranei nella Cava romana dell'Appia Antica.
Rievocazione storica
Nel corso della giornata interverranno anche quattro associazioni di rievocazione storica che, ha spiegato uno degli associati di Sotterranei di Roma, con dimostrazioni e laboratori di: lavorazione della pelle, tessitura, argentario, diorami e riti religiosi, unguentaria, arceria e giochi per bambini dell'epoca repubblicana e costruzione statue dell'antica Roma.
"Ci sarà poi la cerimonia delle vestali e una relativa al mitreo", riprodotto all’interno della cava, prendendo spunto dai mitrei romani. "Un open day? Un cava day, meglio". Il museo nella cava, che si pone l’obiettivo di "rappresentare come nel tempo i romani abbiano utilizzato i sotterranei", non è esattamente un museo per come siamo abituati a vederne. Prima di tutto è sottoterra, poi è visitabile anche in bicicletta, "non ci sono dislivelli". La Cava del Parco dell’Appia Antica è anche un po’ la sede di appoggio dell’associazione Sotterranei di Roma, dove "facciamo corsi di speleo archeologia".
Il progetto di recupero
È stato "approvato dal proprietario della Cava, dalla sovrintendenza archeologica e dal Parco regionale dell’Appia Antica, dura da due anni. Ma è un work in progress che procede mano a mano che riusciamo a trovare i fondi grazie alle visite guidate" ha spiegato Marco Placidi, presidente dell’associazione Sotterranei di Roma.
Ma come si individua un sito di questo tipo? Placidi ha raccontato che l’associazione era già intervenuta con la proprietà "per rilievi topografici", rendendosi poi conto delle "caratteristiche di fruibilità della struttura. È un posto senza barriere architettoniche".
Le voragini di Roma
Tra i cunicoli della cava, fra oggetti di lavoro di ogni tipo, forse quella che merita evidenza è la dolabra, strumento a due punte che veniva utilizzato come strumento di scavo. "Tutta la cava è stata realizzata con la dolabra". Non solo rievocazione. Un po’ tutta la cava è un percorso alla scoperta di quello che può succedere in un sotterraneo. Ci sono perfino le rocce crollate in occasione del terremoto di Amatrice del 2016. "Qui spieghiamo - ha aggiunto sempre Placidi - la dinamica delle voragini e come si comportano in particolare in relazione al territorio di Roma".