AGI - "Ho chiesto al cardinale Parolin" di fare "arrivare a Putin il messaggio che io ero disposto ad andare a Mosca". Lo dice Papa Francesco in un colloquio con il direttore del Corriere della sera, Luciano Fontana, e con la vicedirettrice Fiorenza Sarzanini.
"Certo, era necessario che il leader del Cremlino concedesse qualche finestrina - ha sottolineato il Pontefice -. Non abbiamo ancora avuto risposta e stiamo ancora insistendo, anche se temo che Putin non possa e voglia fare questo incontro in questo momento".
Bergoglio ripercorre tutti i tentativi della Santa Sede per fermare la guerra in corso in Ucraina. "Il primo giorno di guerra ho chiamato il presidente ucraino Zelensky al telefono, Putin invece non l'ho chiamato. L'avevo sentito a dicembre per il mio compleanno ma questa volta no, non ho chiamato. Ho voluto fare un gesto chiaro che tutto il mondo vedesse e per questo sono andato dall'ambasciatore russo. Ho chiesto che mi spiegassero, gli ho detto 'per favore fermatevì", racconta il Papa che dopo venti giorni di conflitto ha fatto arrivare tramite il Segretario di Stato Pietro Parolin il messaggio al Capo del Cremlino di essere disponibile ad andare a Mosca.
"Ma tanta brutalità come si fa a non fermarla? Venticinque anni fa con il Ruanda abbiamo vissuto la stessa cosa", sottolinea Francesco preoccupato dal fatto che Putin al momento non si fermerà. Il Papa argentino tenta di ragionare sulle radici che hanno indotto Putin a una guerra così brutale. Forse "l'abbaiare della Nato alla porta della Russia".
"Un'ira che non so dire se sia stata provocata, ma facilitata forse sì", si interroga. Poi la riflessione sulla corsa agli armamenti in Ucraina: "Non so rispondere, sono troppo lontano, all'interrogativo se sia giusto rifornire gli ucraini". "La cosa chiara è che in quella terra si stanno provando le armi. I russi adesso sanno che i carri armati servono a poco e stanno pensando ad altre cose. Le guerre si fanno per questo: per provare le armi che abbiamo prodotto".
Nel colloquio con Fontana, il Papa ribadisce inoltre di non andare per ora a Kiev. "Ho inviato il cardinale Michael Czerny, (prefetto del Dicastero per la Promozione dello Sviluppo umano integrale) e il cardinale Konrad Krajewski, (elemosiniere del Papa) che si è recato lì per la quarta volta. Ma io sento che non devo andare. Io prima devo andare a Mosca, prima devo incontrare Putin. Ma anche io sono un prete, che cosa posso fare? Faccio quello che posso. Se Putin aprisse la porta...".
Per Orban il 9 maggio finirà tutto
"Orban, quando l'ho incontrato mi ha detto che i russi hanno un piano, che il 9 maggio finirà tutto", ha detto Francesco riferendosi al contenuto del colloquio con il premier ungherese il 21 aprile scorso riguardo al conflitto in Ucraina. "Spero che sia così - aggiunge il Pontefice -, cos' si capirebbe anche la celerità dell'escalation di questi giorni . Perché adesso non è solo il Dondass, è la Crimea, è Odessa, è togliere l'Ucraina il porto del Mar Nero, è tutto. Io sono pessimista, ma dobbiamo fare ogni gesto possibile perché la guerra si fermi".
Kirill non può essere il chierichetto di Putin
"Il Patriarca non può trasformarsi nel chierichetto di Putin", ha affermato Francesco spiegando di aver parlato per 40 minuti su Zoom con il capo della chiesa ortodossa russa, Kirill. "I primi 20 con una carta in mano mi ha letto tutte le giustificazione alla guerra", ha spiegato il Pontefice, "ho ascoltato e gli ho detto: di questo non capisco nulla. Fratello, noi non siamo chierici di Stato, non possiamo utilizzare il linguaggio della politica ma quello di Gesù. Siamo pastori dello stesso santo popolo di Dio. Per questo dobbiamo cercare vie di pace, far cessare il fuoco delle armi".
L'abbaiare della Nato alle porte della Russia ha favorito l'ira
Per Papa Francesco è possibile che "l'abbaiare della Nato alla porta della Russia" abbia indotto Mosca a reagire male e a scatenare la guerra in Ucraina. "Un'ira che non so dire se sia stata provocata", ha aggiunto il Pontefice in un colloquio con il Corriere della Sera, "ma facilitata forse sì".