AGI - Il 28,1% degli italiani è preoccupato per la sicurezza informatica ma non fa nulla di concreto per difendersi mentre il 10,3% non ha alcuna preoccupazione in materia: in pratica, quattro italiani su 10 sono indifesi da eventuali cyber attacchi, “un ventre molle pericoloso, fatto di bersagli facili, potenziali gate di ingresso per cyber-criminali”. È quanto emerge dal primo “Rapporto Censis-DeepCyber sul valore della cybersecurity”, presentato oggi nella Sala Zuccari del Senato.
Chi si difende e chi si no
Solo il 61,6% degli intervistati adotta precauzioni per difendersi: di questi, l’82% ricorre a software e app di tutela ed il 18% si affida ad un esperto. Il 28,1%, pur dichiarandosi preoccupato, non fa nulla di concreto per proteggersi, mentre il 10,3% non ha alcuna preoccupazione al riguardo. A non essere preoccupati sono per lo più anziani (28,6%), bassi titoli di studio (25,4%), donne (13,8%) e bassi redditi (11,4%). Gruppi sociali che, presumibilmente, sono anche quelli maggiormente esposti ai rischi del web.
Conoscere per difendersi
Appena il 24,3% degli italiani conosce precisamente cosa si intende per cybersecurity, il 58,6% ‘per grandi linee’, il 17,1% non sa proprio che cosa sia. Ad averne una conoscenza migliore sono soprattutto giovani (35,5%), laureati (33,4%), imprenditori (35,4%) e dirigenti (27,7%).
Il 39,7% degli occupati dichiara di aver ricevuto in azienda una qualche formazione specifica sulla cybersecurity, quota che raggiunge il 56,8% tra i dirigenti. Larga è la disponibilità dei lavoratori a partecipare ad iniziative formative in azienda o altrove sulla cybersecurity: sarebbero gradite dal 65,9%.
Dalla parte delle vittime
È alta la quota di persone che ha avuto esperienza di attacchi informatici. Al 64,6% dei cittadini - 75,6% tra i giovani, 83,8% tra dirigenti - è capitato di essere bersaglio di e-mail ingannevoli il cui intento era estorcere informazioni personali sensibili, utilizzando come finto mittente la banca di riferimento o aziende di cui la persona era cliente. Il 44,9% (53,3% tra i giovani, 56,2% tra gli occupati) ha avuto il proprio pc/laptop infettato da un virus.
L’insicurezza informatica viaggia anche tramite i pagamenti online: al 17,2% è capitato di scoprire acquisti online fatti a suo nome e a suo carico e al 14,3% di avere la carta di credito o il bancomat clonato. Il 13,8% ha subìto violazioni della privacy con furti di dati personali da un device oppure con la condivisione non autorizzata di foto o video. Il 10,7% ha vissuto il trauma di scoprire sui social account fake con il proprio nome, identità o foto, il 20,8% ha ricevuto richieste di denaro da persone conosciute sul web, il 17,1% ha avviato conversazioni online con persone presentatesi con falsa identità.
In crescita anche il cyberbullismo: il 28,2% degli studenti dichiara di aver ricevuto nel corso della propria carriera scolastica offese, prese in giro, aggressioni tramite social, WhatsApp o la condivisione non autorizzata di video. “Un processo per certi versi inevitabile – ammettono gli autori del Rapporto - visto l’elevato tasso di digitalizzazione dei più giovani”; un “terreno da presidiare subito e bene, perché è la nuova frontiera su cui si generano elevati costi psicologici e sociali per i più vulnerabili” .
I cyber-rischi sul lavoro
Il 19,5% degli occupati ha sperimentato attacchi informatici con danni agli account social o al sito web della propria azienda, il 14,7% la perdita di dati e informazioni aziendali a causa di un cyber attacco. Anche il lavoro da casa genera rischi per la sicurezza informatica. Al 52,8% degli occupati capita di lavorare in smart working o di svolgere alcune attività in remote: di questi, il 59,6% utilizza device aziendali mentre il 20,1% non tiene separati i device di lavoro da quelli personali.