AGI - Dall’analisi della saliva arrivano nuove informazioni sulla risposta immunitaria attivata dal vaccino Pfizer-BioNTech anti-Sars-CoV-2 che spiegherebbero perché, nei primi mesi dopo l’iniezione, le persone risultano protette anche dall’infezione, non solo dalla malattia grave e dall’ospedalizzazione.
Le scoperte sono state pubblicate su EMBO Molecular Medicine dal team di ricercatori Humanitas coordinati da Maria Rescigno, capo del Laboratorio di Immunologia delle mucose e microbiota di Humanitas e docente di Patologia Generale di Humanitas University, e da Chiara Pozzi, biologa e ricercatrice di Humanitas.
I ricercatori sono partiti da una domanda: in che modo i vaccini somministrati per via intramuscolare riescono, almeno nei primi mesi, a proteggere dall’infezione a livello delle mucose nasali e orali, ossia dove il virus entra per aggredire l’organismo? Per rispondere al quesito sono stati analizzati campioni di sangue e saliva provenienti da un centinaio di persone vaccinate con il vaccino Pfizer-BioNTech.
Questa ricerca si inserisce in un progetto più vasto nel quale, dal 2020, più di 4.000 professionisti degli ospedali Humanitas partecipano volontariamente a Covid Care Program: uno dei primi e più estesi studi epidemiologici e immunologici avviato in Humanitas per valutare la risposta immunitaria a Sars-CoV-2 e trovare risposte alle tante domande della pandemia.
“I vaccini sistemici di solito non proteggono anche le mucose. Siamo andati a vedere se e quali anticorpi presenti nel sangue si potessero trasferire nella saliva a seguito della vaccinazione”, spiega Rescigno.
“Di solito sono le IgA, le immunoglobuline mucosali, che proteggono le barriere esposte all’ambiente esterno. Nella saliva, però, abbiamo rilevato – continua – le immunoglobuline G (IgG), ossia quelle sistemiche che, permeando la saliva, arrivano a dare una protezione anche a livello delle mucose. Tali immunoglobuline nel tempo si riducono: questo potrebbe giustificare perché il vaccino a mRNA è capace, in una certa misura, entro i 3 mesi dalla somministrazione, di proteggere dalle infezioni”.
Prosegue Pozzi: “Il livello delle IgG specifiche per SaRS-CoV-2 nella saliva è correlato al loro livello nel sangue periferico: più una persona ha anticorpi nel sangue più ha chance che questi permeino la saliva. Dal momento che il vaccino induce una quantità di anticorpi molto elevata, troviamo le IgG anche nella saliva. Quando gli anticorpi si abbassano nel sangue periferico, si abbassano anche nelle mucose più esterne”. Restava da capire perché le IgA, invece, sono presenti nella saliva in bassissimi livelli dopo la vaccinazione.
“Le IgA specifiche per SarS-CoV-2 riscontrate nel plasma e in bassissimi livelli nella saliva sono prodotte classicamente nel sangue periferico (IgA1), e hanno la caratteristica di essere molto instabili se si ritrovano in presenza di proteasi batteriche, come quelle presenti nella saliva – conclude Rescigno - rischiano dunque di venire degradate in quell’habitat dal microbiota salivare. Da qui possiamo presumere perché vediamo IgA nel sangue e non nelle mucose”.
Lo studio riconferma l’efficacia del vaccino che non solo protegge dalla malattia grave e dalla morte, ma è utile anche per dare una protezione a livello delle mucose prevenendo l’infezione. Questo effetto non è duraturo, perché gli anticorpi prodotti, una volta arrivati nella saliva, si disperdono facilmente. In futuro, potrebbe essere utile studiare un vaccino destinato proprio alla protezione delle mucose, da dove il virus entra nell’organismo.