AGI - Dopo 32 ore di viaggio, e senza non poche difficoltà, il piccolo convoglio dell'Humanitas con padre Enzo Fortunato e l'AGI partito mercoledì scorso dalla costiera amalfitana ha fatto ingresso a Leopoli, venerdì intorno alle 18. Il racconto del nostro viaggio si era interrotto in Ungheria, a una manciata di chilometri dal varco di frontiera di Zahony, ultimo lembo di terra d'Europa.
Ai controlli, i militari ungheresi hanno preteso un inventario dettagliato di ogni prodotto contenuto all'interno del mezzo stracarico sul quale viaggiavamo. C'erano circa 400 coperte, vestiti, specie per bambini, soluzioni fisiologiche, siringhe, aghi cannula per gli accessi venosi, disinfettanti, mascherine chirurgiche, prodotti per l'igiene personale, omogeneizzati, pannolini, biscotti e merendine, pasta, scatolame, telefoni cellulari, passeggini e anche giochi per alleviare, almeno in parte, le ferite della guerra.
Prodotti frutto di donazioni spontanee, anche last minute, prima della partenza dalla Costiera Amalfitana e che non risultavano catalogate. Padre Enzo Fortunato chiede ai militari che la fiscalità sia evitabile almeno per gli aiuti umanitari. Ma nessuno sconto: per proseguire bisognava necessariamente fare la conta del carico e certificare.
Intanto, era continuo il flusso delle persone a piedi, con poche valigie, che attraversavano la frontiera, sia in entrata che in uscita. Sono soltanto donne, tristi e preoccupate a giudicare dai volti. Dopo oltre un'ora riusciamo a ottenere il lasciapassare e subito accediamo al varco ucraino. "È fatta, si direbbe", pensiamo, e invece anche qui controlli rigidissimi e non basta il furgone dell'Humanitas, il carico di aiuti umanitari, le buone intenzioni, la tonaca di padre Enzo, a evitare minuziose ispezioni di persone, mezzi e documenti. Gli ucraini temono infiltrazioni, spie, non possono permettersi leggerezze, ne va della sicurezza di tutta la nazione, ci spiegano.
È mezzogiorno e fa molto caldo (il termometro segna 20 gradi) rispetto alle raccomandazioni che avevano ricevuto per il freddo. Intanto lunghe code di auto in uscita alle sbarre con donne e bambini, che evadono dall'abitacolo stracolmo di masserizie a prendere aria e a distrarsi mentre i mariti parlano con i militari per sbrigare le pratiche. Solo donne e bambini possono andare via, gli uomini no: devono offrire il proprio contributo alla nazione e imbracciare le armi se richiesto.
Se ne va un'altra ora: è vietato fare foto e video ma qualche scatto riusciamo a catturarlo. Ci rimettiamo in viaggio, la prima città dell'Ucraina è Chop, e mancano più di quattro ore per Leopoli. Le strade groviera mettono a dura prova i pneumatici e le sospensioni del furgone stracarico. Sembra davvero di essere in un altro mondo perché vedi auto e mezzi vetusti ancora in circolazione lungo la strada, e ai bordi delle carreggiate case in legno abbandonate.
Uno scenario spettrale, forse anche perché comincia a piovere e la temperatura a calare vertiginosamente man mano si attraversano i tornanti di montagna. Poi Leopoli, il caos dell'arrivo e la stanchezza che prende il sopravvento. Ma di notte le sirene suonano alle 2 e alle 5 circa, per un'ora. Sono attacchi russi. Stando alle notizie raccolte in strada, la contraerea ucraina avrebbe intercettato e abbattuto almeno tre missili russi.