AGI Spazi insufficienti, modelli didattici antiquati, stress psicologico montato negli ultimi due anni di pandemia, problemi contingenti e strutturali dei singoli istituti, fra cui acqua che esce arancione dai rubinetti: è la miscela esplosiva che all'inizio della settimana ha alimentato la ribellione studentesca a Cagliari.
La progressiva occupazione di una decina di scuole, in particolare di buona parte dei licei, è terminata quasi ovunque in meno di una settimana, ma la comprensibile insofferenza degli studenti e studentesse è tutt'altro che sopita.
La protesta è dilagata fra i classici Dettori e Siotto, gli scientifici Michelangelo e Pacinotti, i linguistici 'Eleonora D'Arborea' e 'De Sanctis-Deledda' e il classico e scientifico Euclide. In alcuni casi le occupazioni sono state interrotte dopo episodi di vandalismo, causati da estranei, che hanno approfittato della situazione, introducendosi durante la notte negli edifici.
Lorenzo Ara, rappresentante d'istituto degli studenti del liceo classico e scientifico 'Euclide' di Cagliari, spiega all'AGI che la sua scuola "è stata la prima a iniziare l'occupazione lunedì scorso", 22 marzo.
Le rivendicazioni di studenti e studentesse
"Alla fine anche altri istituti ci hanno seguiti e hanno deciso di protestare nello stesso modo. Ci siamo confrontati tra rappresentanti per capire come procedere, con l'intenzione di tirare fuori una proposta congiunta. Ogni scuola ha i suoi problemi specifici che devono essere affrontati e risolti. Ci sono scuole in cui, in periodo Covid", racconta Ara, "ancora non si concedono le assemblee di istituto e molti docenti sono intransigenti verso le proposte di noi studenti".
"A noi dell'Euclide, ad esempio, non piace l'attuale modello scolastico, perché lo dobbiamo accettare passivamente. Abbiamo un peso politico quasi inesistente nei processi decisionali che riguardano la nostra vita studentesca, ma noi abbiamo bisogno di essere coinvolti e di dire la nostra. Diciamo 'basta' allo strapotere di certi docenti".
"La scuola dovrebbe essere fatta a misura di studente e dovrebbe evolversi", rivendica il rappresentante degli studenti. "La didattica frontale deve essere superata, perché è la stessa che veniva utilizzata quando i nostri genitori e nonni andavano a scuola. In questo sistema lo studente è considerato e visto come una scatola vuota da riempire di nozioni, anziché una persona da formare con un senso critico, che possa avere poi gli strumenti per diventare un cittadino attivo della democrazia".
"Gli sportelli psicologici? Fuffa"
Ara aggiunge che una delle rivendicaizone riguarda gli spazi per la partecipazione degli studenti: "Li vogliamo per poterci riunire e anche per favorire la socialità tra di noi", spiega lo studente. "Abbiamo provato a sollevare anche la questione legata al benessere delle persone, in primis quello psicologico".
"Vorremmo ritornare a vivere la scuola in modo sereno e sarebbe importante ripartire da questioni pratiche e immediate, come il potenziamento degli sportelli psicologici, che esistono ma alla fine sono 'fuffa' totale", lamenta Ara. "A chi prenota una seduta psicologica, viene data disponibilità dopo due mesi".
"Ignorate le nostre richieste"
"Al Pacinotti non viene concessa un'autogestione da 5 anni", lamenta in comitato studentesco del liceo scientifico, che ha diffuso una nota per spiegare le ragioni dell'occupazione. "Non è ritenuto necessario che lo studente si faccia, seppur per breve tempo, completamente protagonista del suo apprendimento assieme ai suoi coetanei".
Le proposte del comitato studentesco vengono ripetutamente ignorate e aggirate. Ne è un caso esemplare", spiegano studenti e studentesse, "la proposta di eseguire la ricreazione negli spazi all'aperto di cui le sedi sono provviste, assecondata solo dopo numerose richieste e continue posticipazioni. Il corpo studentesco non viene fatto partecipe di informazioni essenziali quali il cambio di classi, di orari di entrata o di docenza fino a pochi giorni prima".
"I numerosi disagi causati dal dover cambiare professore divengono incontestabili a causa del poco preavviso e così accettati passivamente dalla popolazione scolastica, professori inclusi", sostengono gli studenti del liceo scientifico Pacinotti. "Alcune classi si sono addirittura ritrovate in carenza di docenza senza preavviso né opportune spiegazioni".
Il comitato studentesco considera "essenziale la tutela psicologica dell'alunno, anch'essa garantita solo su un piano formale mediante lo sportello di ascolto, che nel pratico trova ostacolo in tempi di attesa eccessivamente lunghi".
"Numerosi sono i casi di abbandono del percorso di studi, che viene spesso interrotto anche nelle sue fasi più avanzate, dovuti sia all'eccessiva ansia per la prestazione", si legge nel documento degli studenti, "sia all'impossibilità per lo studente di recuperare delle carenze a fronte del cambio di docenza e del sovraffollamento delle classi appena accennato".
Acqua "arancione" dai rubinetti
Al liceo scientifico 'Michelangelo' la sede centrale di via dei Donoratico è stata occupata per chiedere il ripristino di distributori automatici dell'acqua. Quella che esce dai rubinetti è arancione. Fra le altre richieste, l'attivazione dei turni per la ricreazione all'aperto e la disponibilità di una rotazione tra le tre sedi dell'istituto.
Il dirigente scolastico Raffaele Rossi, contattato dall'AGI, ammette che "la scuola dovrebbe avere più spazi, più laboratori e la palestra, cose che ci mancano: bisognerebbe investire molto di più per l'istruzione".
Quanto alla richiesta dei distributori automatici per l'acqua, spiega il preside, "purtroppo, nonostante nella rete idrica cagliaritana passi acqua potabile, nella maggioranza delle scuole le tubazioni dell'acqua sono in ferro e spesso dal rubinetto esce acqua arancione, a causa della ruggine che si forma".
"La questione è stata affrontata , ma credo anche che anziché andare a spendere 0,50 euro per mezzo litro d'acqua, acquistandola a scuola dal distributore automatico, sarebbe meglio che i ragazzi si portassero la borraccia da casa", suggerisce Rossi. "In ogni caso, i distributori per l'acqua verranno ripristinati, anche se per evitare assembramenti, all'ora della ricreazione verranno disattivati".
Il parere dei dirigenti scolastici
"Vorrebbero una scuola più innovativa e non si trovano bene con il metodo della didattica frontale: alcune delle ragioni della loro protesta sono condivisibili, anche se dal mio punto di vista un'occupazione non penso sia il modo per risolverle". Il dirigente scolastico del liceo classico 'Siotto Pintor' di Cagliari, Aldo Pillittu, spiega all'AGI cosa ha spinto i suoi studenti e studentesse a occupare fino a sabato mattina, 26 marzo, la scuola.
"I ragazzi hanno sofferto molto per la pandemia, per la didattica a singhiozzo e per tutte le limitazioni prolungate che ci sono state finora. Adesso stanno risentendo anche per il clima cupo che si sta creando con la guerra in Ucraina", aggiunge Pillittu. "A scuola non si studia e basta", sottolinea, "ma si cresce anche confrontandosi con gli altri coetanei e con quelli più grandi. C'è necessità di socialità. Credo che a livello nazionale sia necessario prendere atto che la scuola deve essere rimodulata e adeguata ai tempi d'oggi".
"Non per dare ai giovani un alibi e giustificarli, ma purtroppo dopo due anni di pandemia molti di loro si sentono molto disorientati", conferma all'AGI Massimo De Pau, presidente regionale dell'Anp, associazione nazionale di dirigenti scolastici."Probabilmente, in una situazione differente, queste occupazioni, promosse con motivazioni che, nella maggior parte dei casi, non sono valide e non reggono, non si sarebbero verificate".
"Secondo me, queste proteste", osserva De Pau, "devono essere inquadrate e lette in un contesto particolare e difficile come quello attuale".
Uno studente su due richiede supporto psicologico
"In base ai dati in mio possesso, sono tantissimi gli studenti in Sardegna che si rivolgono a uno psicologo per chiedere supporto", precisa il presidente dell'Anp Sardegna. "Quasi tutte le scuole sarde ne hanno uno, perché era stato previsto con il progetto regionale 'Iscol@'".
"Appena si è iniziato, anni fa, in media il consulto psicologico veniva richiesto da un alunno su quattro, adesso, invece, da uno su due. Questo fa capire in che tipo di situazione ci troviamo", aggiunge De Pau. "Con la pandemia è stato scoperchiato una sorta di 'vaso di Pandora'. Ecco perché in questo momento dobbiamo avere tutti un po' di pazienza in più, e tutto deve essere gestito molto sapientemente dagli adulti, che devono guidare i ragazzi".
In arrivo un documento di proposta
“Abbiamo intenzione di confrontarci e di scrivere un documento con tutte le proposte, che sia condiviso dai vari istituti, che sarà poi consegnato al direttore dell’Ufficio scolastico regionale, ma anche a tutte le amministrazioni e istituzioni pubbliche”, annuncia Alessandro Frongia, presidente della Consulta provinciale degli studenti di Cagliari.
“La decisione di occupare le scuole”, prosegue Frongia, “è stata presa perché le nostre richieste sono rimaste finora inascoltate. Basti pensare che a novembre scorso, avevamo manifestato con tantissimi studenti sotto il palazzo del Consiglio regionale. In quell’occasione avevamo redatto anche un manifesto della scuola pubblica, in cui chiedevamo delle migliorie basilari".
"Non siamo stati presi minimamente in considerazione", aggiunge il rappresentante della Consulta studentesca provinciale. “Contestiamo prima di tutto la mancanza di spazi che ci consentano di confrontarci e di fare anche una semplice assemblea", elenca Frongia. "Da questo, poi, deriva tutto il resto. Non condividiamo neppure i sistemi dei Ptco (Percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento) e l’alternanza tra scuola e lavoro”.
Anche se le occupazioni sono terminate, Frongia chiarisce che a breve saranno promosse delle riunioni: “Le faremo per capire come muoverci più avanti e per continuare a confrontarci anche con altre scuole a livello nazionale. Se si è arrivati a questa situazione”, osserva, “è perché c’è stata una mancanza di comunicazione tra noi, il ministero e le istituzioni. Davanti a noi abbiamo trovato finora solo dei muri. Non ci ascoltano solo perché siamo degli studenti”.
"Vorremmo un metodo di insegnamento attivo, e non passivo come quello attuale", chiede Frongia, "in grado di coinvolgerci, di stimolarci a studiare e ad apprendere e di prepararci poi realmente ad affrontare il mondo del lavoro”.