AGI - "Le zone attualmente più colpite dalla siccità si trovano nel nord Italia, da Novara fino al Cuneese, passando da Torino. In queste aree si registrano meno di 20 millimetri di precipitazioni negli ultimi tre mesi. Sono valori tipici di ambienti desertici".
Lo spiega all'AGI Claudio Cassardo, docente di Fisica dell'atmosfera presso l'Università di Torino, riportando e commentando il quadro della siccità in Italia.
"Dall'inverno scorso - spiega l'esperto - le regioni settentrionali sono state interessate da fenomeni anticiclonici frequenti, che si sono verificati con un tasso del 60 per cento. Nel Nord Italia si osservano quindi pochissimi episodi di precipitazioni, con rare perturbazioni. Questo ha provocato anche una serie di conseguenze negative associate all'alta pressione, che ha bloccato la circolazione dell'aria e ha favorito il ristagno dell'inquinamento. Non a caso, a Torino il 17 febbraio era già stata raggiunta la soglia dei 36 giorni di livelli di particolato superiori al limite indicato che dovrebbero verificarsi in un anno".
Sebbene l'inverno nel Torinese non sia generalmente la stagione più piovosa, la particolare carenza d'acqua di quest'anno potrebbe provocare serie difficoltà per la salute delle piante.
"Non si sono verificate particolari nevicate nelle montagne - commenta ancora Cassardo - il che rappresenta un serio rischio per le riserve idriche. Il terreno è molto secco, e la poca umidità presente viene utilizzata per la comparsa dei primi fiori. I ciliegi sono sbocciati, ma se non piove si assisterà a un ingiallimento dell'erba. L'aspetto più preoccupante è che non sono previste piogge significative prima della fine del mese, per cui marzo, che attualmente conta un solo giorno di pioggia, si aggiungera' al lungo periodo di difficoltà che stiamo vivendo".
"Questo inverno non è stato nè il più caldo nè il più secco in assoluto - sottolinea il docente - ma se si guarda alla combinazione di calore e siccità, gli ultimi mesi raggiungono un primato inquietante. I precedenti inverni secchi erano infatti meno caldi, mentre le stagioni più calde erano più umide. La simultaneità dei due parametri è ciò che rende allarmante la situazione".
Negli ultimi quattro mesi, in effetti, l'unica pioggia significativa si è verificata l'8 dicembre, riporta l'esperto.
Sulle regioni centrali adriatiche e meridionali, precisa Cassardo, la situazione risulta piuttosto diversa, tanto che in alcune località si osservano condizioni di piovosità considerate normali.
Inquadrando il fenomeno nella prospettiva del cambiamento climatico, lo scienziato evidenzia che è importante guardare all'andamento della frequenza e dell'intensità di questi eventi, piuttosto che il caso singolo.
"Un inverno particolarmente secco è un evento meteorologico - conclude Cassardo - ce ne sono stati numerosi nella storia della penisola e ce ne saranno altri. Basti pensare che lo scorso anno la situazione era completamente ribaltata, con numerose precipitazioni e piogge intense. Quello che a mio avviso deve far riflettere è il fatto che negli ultimi anni abbiamo assistito a un aumento della frequenza e dell'intensità di questi eventi siccitosi, che spesso sono seguiti da fenomeni alluvionali particolarmente vigorosi. Questa maggiore variabilità è suggerita dal cambiamento climatico. È esattamente quello che ci aspettavamo secondo il quadro prospettato dalle previsioni a lungo termine elaborate per valutare gli effetti dell'aumento delle temperature medie globali".