AGI - "Coltivare frutti antichi e varietà orticole che si sono perse nel tempo, col passo lento delle stagioni e senza l'ansia del mercato". È la filosofia di vita che anima le giornate di Andrea Campani, sessanteseienne in pensione, il cui dna per l'agricoltura e per le varietà dimenticate ce l'ha impresso dalla nascita. "Mio padre era un agricoltore e mia madre aveva una bottega di frutta - ci spiega - anche se poi nella vita ho fatto altro, lavorando nella filatura, che da sempre ha fatto di Prato il principale distretto tessile italiano.
"Nel 1990 la svolta, ho cominciato a coltivare piante in vaso, a sentire esperti, a leggere testi di botanica...fino a quando non sono andato in pensione, nel 2017. Da allora mi dedico a tempo pieno a questa attività". Oggi a pochi chilometri dalla città, Campani è diventato il presidente dell'associazione 'Le Buche a Poggio a Caiano'. Un vero è proprio scrigno di biodiversità dove si coltivano numerose specie vegetali dai nomi singolari: il fico perticone, la pera giugnolina, l'albicocca luizet, la mela renetta Valder, la pera volpina, il susino Ubaldo Gavazzi, il cocomero moscatello o i ceci neri".
Varietà antichissime, "spesso perdute nel tempo e sconosciute ai più, che ci consentono però di conservare, grazie ai semi, il dna e di preservarle dalla definitiva scomparsa". "Coltivare specie antiche - prosegue - non significa solo essere custodi e trasmettere conoscenze popolari, ma anche difendere un'identità territoriale, un crocevia geografico che queste specie hanno rappresentato nella storia della nostra regione, del nostro Paese.
Ma bisogna fare un passo indietro. Per coltivare specie antiche, anche se trovate su un albero abbandonato in una cascina, bisogna avere dei riscontri. E per cercare le tracce che hanno lasciato nel tempo questi vegetali anche "l'arte pittorica - aggiunge Campani - ci viene in soccorso. In Toscana grazie alle splendide tele di Bartolomeo Bimbi, pittore che alla corte dei Medici lavorava su loro commissione, troviamo impresse nature morte con frutta e ortaggi. Alcuni di quei frutti e vegetali noi oggi li stiamo recuperando e coltivando".
Ma non solo. I terreni su cui oggi Campani e i suoi amici volontari coltivano queste specie permettono di ricostruire una storia molto antica. "Noi coltiviamo su terreni prevalentemente argillosi. E con tutta probabilità, pare che proprio da queste aree, gli artigiani del tempo prelevassero il terreno per costruire i mattoni che servirono poi all'edificazione della splendida villa Medicea di Poggio a Caiano. Qui, nel 'campo dei miracoli', come qualcuno affettuosamente lo chiama, due ettari di terreno che in origine erano in concessione all'istituto agronomico per l'oltremare di Firenze, il mercato resta fuori.
"Questo è un altro campionato - scherza Campani - perché questi frutti non sono belli, sono spesso di forma irregolare, con una buccia ruvida, ma offrono tanti altri vantaggi: sono robusti, ricchissimi di vitamine e rappresentano un concentrato di sostanze nutritive veramente speciali". Oltre a questo "chi mai mangerebbe oggi una pera volpina, che spesso è dura come un sasso e la si può consumare solo se cotta. Oggi - si chiede ridendo - chi cuoce ancora la frutta? Un tempo invece, i lavoratori dei campi sì, e in questo modo avevano la frutta conservata per molti mesi all'anno".
Ma il 'custode' di queste antiche varietà ci spiega che nel piccolo podere sulle sponde del fiume Ombrone ci sono anche le api. "L'area all'inizio - spiega Campani - era condivisa con degli apicoltori che avevano installato delle arnie. Alcune di queste sono ancora presenti e producono del miele. Ma la loro presenza è una vicinanza preziosa, anche perché questi insetti aiutano l'impollinazione delle piante che, insieme a un piccolo plotone di dieci persone, tutti volontari della zona, custodiscono questa 'banca' a cielo aperto mantenendo viva l'area che il fondatore, Giuseppe Bennati, ebbe per primo l'idea di realizzare, per mantenere vivo un vero e proprio patrimonio della biodiversità.