AGI - Marco Damilano si è dimesso da direttore dell'Espresso, alla luce della decisione di cedere la testata, da lui considerata "scellerata". Lo annuncia lui stesso in un lungo editoriale sul sito del settimanale: "Questa mattina ho scritto una mail all'ingegnere John Elkann, presidente del gruppo Gedi, per comunicare la mia decisione di lasciare la direzione dell'Espresso, dopo quattro anni e mezzo", spiega.
A fronte delle sfide della transizione, scrive Damilano, "non si può farlo immaginando di perdere la propria identità. L'anima, il carattere di una testata. È una scorciatoia che disorienta il pubblico e che prima o poi si dimostra illusoria. Gedi è nel cuore di questa crisi. In un gruppo che aveva sempre fatto della solidità, della stabilità e della continuità aziendale ed editoriale il suo modo di essere, soltanto durante la mia direzione si sono alternati due gruppi proprietari, due presidenti, tre amministratori delegati, tre direttori di Repubblica. E ora si vuole far pagare al solo Espresso l'assenza di strategia complessiva. Ho appreso della decisione di vendere L'Espresso - aggiunge Damilano - da un tweet di un giornalista, due giorni fa, mercoledì pomeriggio. Ho chiesto immediati chiarimenti all'amministratore delegato Maurizio Scanavino, come ho sempre fatto in questi mesi".
"Mesi di stillicidio continuo - prosegue - di notizie non smentite, di voci che sono circolate indisturbate e che hanno provocato un grave danno alla testata. Non mi sono mai nascosto le difficoltà. Ho più volte offerto la mia disponibilità in prima persona a trovare una soluzione per L'Espresso, anche esterna al gruppo Gedi, che offrisse la garanzia che questo patrimonio non fosse disperso. Ma le trattative sono proseguite senza condivisione di un percorso, fino ad arrivare a oggi, alla violazione del più elementare obbligo di lealtà e di fiducia. La cessione dell'Espresso, in questo modo e in questo momento, rappresenta un grave indebolimento del primo gruppo editoriale italiano. È una decisione che recide la radice da cui e' cresciuto l'intero albero e che mette a rischio la tenuta dell'intero gruppo. È una pagina di storia del giornalismo italiano che viene voltata senza misurarne le conseguenze".
L'Espresso, scrive ancora Damilano, "è sempre stato la mia casa e Gedi ha garantito il lavoro del nostro giornale. Ma se la casa viene cambiata, dall'arredamento alle suppellettili, fino a venderla, non resta altro da fare che prenderne atto. È una questione di coscienza e di dignità". E infine: "Ho cercato sempre di fermare una decisione che ritengo scellerata. Mi sono battuto in ogni modo, fino all'ultimo giorno, all'ultima ora. Ma quando il tempo è scaduto e lo spettacolo si è fatto insostenibile, c'è bisogno che qualcuno faccia un gesto, pagando anche in prima persona. Lo faccio io. Lo devo al mestiere che amo, il giornalismo. E soprattutto lo devo alla mia coscienza".