AGI - In un anno sono stati 22 i decessi correlabili alla somministrazione di un vaccino anti Covid in Italia, 0,2 ogni milione di dosi somministrate. Tuttavia, dal punto di vista statistico, “entro i 14 giorni dalla vaccinazione, per qualunque dose, i decessi osservati sono sempre nettamente inferiori ai decessi attesi”, ossia in quella massa di milioni di persone vaccinate statisticamente muoiono persino più persone a prescindere dal vaccino. E’ quanto rileva l’Aifa nel primo Rapporto annuale sulla sicurezza dei vaccini anti Covid, relativo al periodo 27/12/2020-26/12/2021, presentato oggi.
Complessivamente l’Agenzia del Farmaco ha ricevuto 758 segnalazioni gravi che, al momento della segnalazione o come informazione acquisita successivamente al follow-up, riportano l’esito “decesso” (0,7 eventi con esito fatale segnalati ogni 100.000 dosi somministrate).
In 456 casi il decesso è segnalato dopo la prima dose, in 267 dopo la seconda e in 35 dopo la terza. Un numero che però va scremato: il 76,5% (580/758) delle segnalazioni con esito decesso presenta una valutazione del nesso di causalità con l’algoritmo dell’Oms, in base al quale invece il 57,9% dei casi (336/580) risulta non correlabile, il 30,2% (175/580) indeterminato e l’8,1% (47/580) inclassificabile per mancanza di informazioni sufficienti. Il rimanente 23,5% (178/758) è in attesa di ulteriori informazioni necessarie alla valutazione del nesso di causalità. Complessivamente quindi, sui 580 valutati sono risultati correlabili 22 (3,8%, circa 0,2 casi ogni milione di dosi somministrate).
In due casi - un uomo di 79 anni, con storia clinica di patologie cardiovascolari, e una paziente fragile di 92 anni, con storia clinica di demenza e diabete mellito - si sono verificati dopo la prima dose eventi avversi sistemici correlabili alla vaccinazione (iperpiressia, vomito), che hanno innescato uno scompenso delle condizioni cliniche fino al decesso.
“In base ai dati disponibili – si legge nel report - è possibile che alcuni eventi attesi per i vaccini possano avere conseguenze clinicamente rilevanti in alcuni soggetti anziani fragili, specialmente se si presentano con particolare intensità (come l’iperpiressia), a fronte di un beneficio indubbio della vaccinazione in quella fascia della popolazione”.
Complessivamente, dieci segnalazioni valutate come correlabili si riferiscono a casi di trombosi trombocitopenica a seguito di vaccinazione con vaccino a vettore adenovirale, altre dieci si riferiscono a fallimenti vaccinali, con il Covid comparso tra 3 settimane e 7 mesi dal completamento del ciclo vaccinale. In due casi le pazienti presentavano condizioni cliniche e terapie compatibili con uno stato di immunosoppressione. In altri 8 casi, i pazienti avevano un’età compresa tra i 76 e i 92 anni, con una condizione di fragilità per pluripatologie.
In un anno 118 mila reazioni avverse su 109 milioni di dosi
Sono pochissime le reazioni avverse ai vaccini contro il Covid, e quasi tutte non gravi: su oltre 108,5 milioni di dosi inoculate in Italia in un anno, le segnalazioni di “sospetti eventi avversi” sono state 117.920, mediamente 109 ogni 100.000 dosi, indipendentemente dal tipo di vaccino e dalla dose. E’ quanto rileva l’Aifa nel primo Rapporto annuale sulla sicurezza dei vaccini anti Covid, relativo al periodo 27/12/2020-26/12/2021, presentato oggi.
Le segnalazioni riguardano soprattutto il vaccino di Pfizer (68%), che è stato il vaccino più utilizzato e solo in minor misura AstraZeneca (19,8%), Moderna (10,8%) e J&J (1,4%).
L’83,7% (in tutto 98.717) delle segnalazioni inserite è riferita a eventi non gravi, con un tasso di segnalazione pari a 91/100.000 dosi somministrate, e il 16,2% (19.055) a eventi avversi gravi, con un tasso di 17,6 eventi gravi ogni 100.000 dosi somministrate, indipendentemente dal tipo di vaccino, dalla dose somministrata e dal possibile ruolo causale della vaccinazione.
Per tutti i vaccini gli eventi avversi più segnalati sono stati febbre, stanchezza, cefalea, dolori muscolari/articolari, dolore in sede di iniezione, brividi e nausea. Gli eventi riportati sono perlopiù non gravi e già risolti al momento della segnalazione. Peraltro, fa notare il rapporto, fino a un 64% di effetti indesiderati è stato rilevato nel gruppo placebo degli studi clinici (che quindi in realtà non venivano vaccinati) ed è riferibile al cosiddetto effetto nocebo.
Il tasso di segnalazione di reazioni avverse, si legge nel rapporto, è maggiore nelle fasce di età comprese tra i 20 e i 60 anni, per poi diminuire nelle fasce d’età più avanzate e nei giovanissimi, con un tasso di segnalazione mediamente inferiore dopo la 2a dose e ancora più basso dopo la 3a dose.
Quanto alla distribuzione per sesso, a fronte di un’esposizione sovrapponibile fra i sessi (52% delle dosi somministrate nel sesso femminile e del 48% nel sesso maschile), il 70% delle segnalazioni riguarda le donne (148/100.000 dosi somministrate) e il 29% gli uomini (65/100.000 dosi somministrate), indipendentemente dal vaccino e dalla dose somministrata (il sesso non è riportato nell’1% delle segnalazioni).
Tale andamento è osservabile anche negli altri Paesi europei. In ogni caso, indipendentemente dal vaccino, dalla dose e dalla tipologia di evento, la reazione si è verificata nella maggior parte dei casi (73% circa) nella stessa giornata della vaccinazione o il giorno successivo, e solo più raramente l’evento si è verificato oltre le 48 ore successive. Il 77% circa delle segnalazioni non gravi riporta come esito “risoluzione completa” (guarigione) o “miglioramento” già al momento della segnalazione. Il 50% circa delle segnalazioni gravi riporta come esito la “risoluzione completa” o il “miglioramento” dell’evento e il 32% risulta non ancora guarito al momento della segnalazione.