AGI - La neve, la valanga, il freddo, le grida, i morti: a Rigopiano, 5 anni dopo, il dolore punge senza sosta e, al ricordo delle 29 vittime, si affianca la richiesta di giustizia per i familiari, ancora in attesa dell'avvio del processo. Per il quinto anno consecutivo i parenti delle vittime della tragedia dell'Hotel Rigopiano di Farindola (Pescara), saranno sul luogo del disastro per commemorare i propri cari.
Il 18 gennaio 2017 nel resort di lusso con spa a 1200 metri, sul versante pescarese del Gran Sasso, ci sono 40 persone tra ospiti e dipendenti. In quelle ore l'Abruzzo è alle prese con l'emergenza neve: migliaia di persone sono senza luce e centinaia le richieste di aiuto. Non solo, quel giorno ci sono anche quattro scosse di terremoto, di magnitudo 5.1. Gli ospiti dell'Hotel hanno paura e vogliono andare via, ma c'è troppa neve.
Poche ore prima della valanga ci sono diverse richieste di aiuto per sgomberare la strada dalla neve: l'amministratore dell'hotel invia una mail alle autorità: "La situazione è davvero preoccupante", scrive. E poi le telefonate di Gabriele D'Angelo, cameriere dell'Hotel, morto sotto le macerie; mentre la sorella di Roberto Del Rosso, proprietario del resort, va in Provincia a chiedere aiuto. Richieste rimaste senza risposta, con gli ospiti e i dipendenti dell'albergo bloccati dalla neve e in attesa, dopo aver fatto i bagagli ed essersi radunati nella hall, di uno spazzaneve che non arriverà mai.
Quando mancano pochi minuti alle 17, una valanga di neve e ghiaccio del peso di 120.000 tonnellate, lanciata ad una velocità compresa fra i 50 e i 100 chilometri orari, travolge l'albergo portandosi via la vita di 29 persone. Alle 17.40 la telefonata di Giampiero Parete, cuoco di Montesilvano, uno dei sopravvissuti, al suo datore, Quintino Marcella, che dà l'allarme. Marcella non viene creduto, ma non si arrende ed insiste. Nella sua prima telefonata una funzionaria della Prefettura di Pescara lo liquida con la frase 'la mamma degli imbecilli è sempre incinta'.
Alle 19 Parete riesce a parlare di nuovo con il 118 e i soccorsi si mettono in moto. Dopo oltre 12 ore e dopo aver affrontato la tormenta e scalato muri di neve, i soccorritori arrivano su ciò che resta del resort e salvano Giampiero Parete e Fabio Salzetta, che erano fuori dalla struttura. Scattano le ricerche: alle 9.30 viene estratto il corpo della prima vittima. Tra il 20 e il 21 gennaio vengono estratte vive nove persone, tra cui la moglie e i due figli di Parete, Gianfilippo, 7 anni, e Ludovica, 6 anni. Si salvano anche altri due bambini: Edoardo Di Carlo e Samuel Di Michelangelo, che resteranno orfani. Il 26 gennaio infine vengono recuperati gli ultimi corpi senza vita.
Un dolore senza fine per i familiari delle 29 vittime, che dopo cinque anni sperano che si arrivi al piu' presto alla definizione del processo. Ventinove imputati su trenta hanno chiesto di essere giudicati con il rito abbreviato. L'avvio della discussione è però legato al deposito della perizia disposta dal gup del Tribunale di Pescara, Gianluca Sarandrea, su alcuni aspetti fondamentali riguardanti, tra le altre cose, possibili cause di innesco della valanga, i tempi di verificazione, l'entità e i suoi effetti sul territorio. L'elaborato peritale inizialmente doveva essere depositato lo scorso 12 gennaio e poi discusso nel corso della prossima udienza fissata per il 28 gennaio.
I periti, tre docenti del Politecnico di Milano, ossia gli ingegneri Claudio e Marco Di Prisco e il nivologo Daniele Bocchiola, hanno però chiesto una proroga di 90 giorni. Questo comporterà inevitabilmente un allungamento di qualche mese dei tempi del processo, che potrebbe comunque concludersi entro il 2022. Il 28 gennaio dovrebbe intanto arrivare la prima decisione del gup, il quale dovrà decidere se rinviare a giudizio, come chiesto dall'accusa, o prosciogliere l'ex sindaco di Farindola, Antonio De Vico, unico imputato ad aver scelto il rito ordinario.