AGI - Dormiva vestito, abitudine da fuggiasco acquisita fin da giovane, in una stanza al primo piano di un'abitazione al centro di Desulo (Nuoro), riscaldato da pesanti coperte di lana e da una stufa.
Alle 2.30 della notte, quando è scattato il blitz dei carabinieri del Ros e del Gis (groppo intervento speciale) che ha messo fine ai 17 mesi della sua ultima latitanza, Graziano Mesina non si aspettava l'irruzione nella casa di una coppia di cinquantenni di Desulo che l'aveva protetto negli ultimi tempi, ora arrestata per favoreggiamento. Con sé 'Gratzianeddu', apparso in buone condizioni di salute, aveva 6 mila euro in contanti.
Durante l'operazione, cui hanno partecipato anche militari del comando provinciale di Nuoro e dei Cacciatori di Sardegna e alla quale sono seguite perquisizioni e accertamenti tecnici, "non si è aperta né una finestra né si è accesa una luce" nelle abitazioni vicine. I carabinieri non si sono stupiti.
Come ha riferito il comandante del Ros, generale Pasquale Angelosanto, il cerchio attorno a Mesina non si è chiuso perché qualcuno ha parlato: nessuna soffiata, nessuna collaborazione.
Gli investigatori hanno dovuto progressivamente assottigliare la vastissima rete di parenti (nipoti e pronipoti) e conoscenti della 'leggenda' del banditismo recente in Sardegna e poi affidarsi a rilievi tecnici, servizi di osservazione e di controllo serrato del territorio, con Orgosolo posta sotto assedio in tutto questo tempo: dall'isola Mesina non si è mai mosso, nonostante qualche indiscrezione l'abbia fantasiosamente collocato all'estero, in Tunisia o in Corsica.
La smorfia e il silenzio
Quando i militari l'hanno dichiarato in arresto in contrada Genneragentu, stanandolo da un 'covo' con le finestre sempra sbarrate, sul volto dell'ex primula rossa del banditismo sardo è comparsa una smorfia, "come di colui che sapeva a cosa andava incontro", come ha raccontato il colonnello Giorgio Mazzoli, comandante della divisione Ros di Cagliari. Nessuna parola: dopo la cattura Mesina, che ora si trova nel carcere di Badu 'e Carros a Nuoro, si è chiuso nel silenzio.
Era finito nella lista del Viminale dei latitanti più pericolosi, dopo la sua fuga da Orgosolo (Nuoro), il suo paese, il 2 luglio 2020. Quel giorno la Cassazione aveva confermato una condanna a 30 anni di carcere (ora ricalcolati in 24) per associazione per delinquere finalizzata al traffico di droga. Nel giugno 2019 l'ergastolano graziato (ora ha perso quel beneficio concessogli nel 2004) era tornato libero per decorrenza dei termini di custodia e aveva trascorso l'anno nell'abitazione di una sorella nel centro di Orgosolo: aveva l'obbligo di dimora nel paese, di pernottamento in casa e quello di firma nella caserma dei carabinieri, ogni giorno alle 18. Ma quella sera Mesina si è volatilizzato, dopo essersi fatto trovare in casa a un primo controllo.
Famoso per le sue fughe rocambolesche, stavolta l'ergastolano, - 79 anni compiuti lo scorso aprile, i parenti più stretti decimati dal Covid nell'ultimo anno - non ha opposto resistenza. Non era armato, ma certo non era sua intenzione consegnarsi o intavolare trattative con le forze dell'ordine, come si era ipotizzato nei primi giorni della latitanza: chi lo conosce bene immaginava, a ragione, che avrebbe fatto di tutto per non tornare in carcere, dove ha trascorso circa 40 anni.
"Faremo di tutto per prenderlo", aveva dichiarato la scorsa estate all'AGI, il colonnello Massimo Cucchini, comandante provinciale di carabinieri di Nuoro, che oggi ha ricostruito le fasi della cattura di Mesina, in un incontro coi giornalisti a Cagliari, assieme ad Angelosanto, Mazzoli, al vicecomandante del Ros, Gianluca Valerio, e al comandante della Legione Sardegna, generale Francesco Gargaro.
Il blitz nel centro di Desulo
l blitz stanotte è scattato, dopo che i carabinieri hanno notato all'interno della casa un uomo che corrispondeva alla descrizione di Mesina. Da giorni la tenevano d'occhio, muovendosi soprattutto nelle ore notturne per non farsi notare, nonostante le difficoltà causate dal maltempo: Desulo nelle ultime settimane è stato uno dei paesi più colpiti dal maltempo in Sardegna, isolato dalle nevicate e da black-out elettrici.
Più volte nell'ultimo anno e mezzo gli investigatori hanno avuto la sensazione di essere arrivati vicini alla cattura, mentre Mesina si spostava fra case di paese e ovili nel cuore della Sardegna. Su dove si sia rifugiato in tutto questo tempo, i carabinieri non si sbilanciano: hanno indagini in corso per ricostruire la rete di fiancheggiatori.
L'ultimo rifugio è stato un'abitazione di tre piani fuori terra più cantina, collegati da strade molto ripide, e affacciati su un cortile interno. Mesina era al primo piano, e i carabinieri l'hanno raggiunto dopo aver sfondato la porta d'ingresso della casa, mentre al secondo c'era la coppia che lo ospitava e che gli forniva regolarmente cibo e assistenza.
Anche se non erano suoi parenti, i coniugi si sono presi cura di lui nell'ultimo periodo: ora sono in arresto per favoreggiamento, reato cui potrebbe aggiungersi quello di procurata inosservanza della pena, mentre a Oristano in tarda mattinata si tiene l'udienza di convalida.