Nuoro è la provincia della Sardegna che accoglie, in termini assoluti, più donne nei centri antiviolenza, nonostante sia, il territorio meno popolato dell'isola. Sono i dati, e l'esperienza sul campo, di Luisanna Porcu, psicologa e psicoterapeuta alla guida del centro 'Onda Rosa' della città, a smontare la retorica del matriarcato barbaricino: quest'anno le denunce per stalking nel Nuorese sono aumentate di oltre il 50% rispetto al 2020, mentre sono rimaste stabili le segnalazioni per gli altri reati collegati alla violenza domestica e di genere.
Eppure il fenomeno resta perlopiù sommerso, perché la maggior parte delle donne ancora non denuncia, paralizzata da una condizione di sudditanza che fa a pugni con una narrazione fuorviante, smentita dai fatti e ancora di più da quanto è accaduto con la pandemia che ha spesso costretto alla convivenza ininterrotta uomini violenti e vittime.
"Un matriarcato inventato"
"Il matriarcato sardo è un mito", dice Luisanna Porcu, responsabile del centro antiviolenza di Nuoro, che dopo l'iniziale silenzio del primo lockdown, dallo scorso giugno ha rilevato un netto aumento delle richieste di sostegno. "Quella barbaricina è in realtà una società fortemente patriarcale, che ha inventato essa stessa il matriarcato per camuffare il proprio potere sulle donne".
"Le nostre nonne hanno subìto le scelte della loro famiglia di origine, costrette a matrimoni combinati per convenienza sociale o economica", racconta la psicologa all'AGI. "A loro è stata affidata la cura dei figli e della casa, ma il vero potere, quello economico, è sempre stato nelle mani dei mariti. E ancora oggi una donna sola, non solo in Barbagia, è spesso guardata con sospetto o con compatimento".
Attualmente Onda Rosa sostiene quasi 350 vittime; poco più di 200, invece, sono quelle aiutate nelle altre province. Ma sono poche quelle che denunciano. Colpa in parte, secondo Porcu, di una scarsa fiducia nella giustizia, e anche perché "alla maggior parte delle donne, in realtà, che lui finisca in carcere non interessa: cio' che conta è ritornare libere".
"Il Codice rosso funziona"
Eppure gli strumenti ci sono, e lavorano a pieno regime, come conferma all'AGI la procuratrice della Repubblica di Nuoro, Patrizia Castaldini: "Il bilancio del primo biennio dall'introduzione del Codice rosso, sul territorio, è positivo. Abbiamo un gruppo specializzato in materia di reati di violenza di genere - stalking, maltrattamenti in famiglia, lesioni aggravate in ambito familiare - composto da due magistrati che si occupano in materia esclusiva di questi reati".
"La polizia giudiziaria dà priorità assoluta alle denunce, che una volta arrivate in Procura hanno un trattamento d'urgenza da parte del magistrato di turno", assicura Castaldini. "Il vero problema è che quando la Procura interviene il danno è gia' fatto".
Secondo la procuratrice di Nuoro, è fondamentale la prevenzione sin dall'infanzia, con un nuovo approccio culturale che coinvolga la famiglia e la scuola. Una questione spinosa nel Nuorese, la provincia italiana maglia nera per la dispersione scolastica: nel 2020 più di quattro studenti su dieci hanno lasciato gli studi prima del diploma. E sono le ragazze quelle che abbandonano di più.
"Se le ragazze non studiano, difficilmente potranno essere economicamente indipendenti e, in caso di pericolo, lasciare il compagno violento", osserva Castaldini. "A questo può facilmente accompagnarsi nelle donne un senso di soggezione psicologica. Perciò è necessario seminare l'idea che uomini e donne hanno le stesse opportunità e gli stessi diritti e che una donna non è mai di proprietà di qualcuno".
L'aiuto ai 'maltrattanti'
Sulla prevenzione insiste anche Nicoletta Malesa, presidente del Centro di Ascolto Uomini Maltrattanti (Cam) del Nord Sardegna, il primo centro specialistico nell'isola. L'obiettivo è quello di accompagnarli, con l'aiuto di uno staff multidisciplinare, in un percorso di cambiamento orientato al rispetto della compagna e al senso di responsabilità dei propri comportamenti. "È giusto che le donne denuncino e che gli uomini non trovino giustificazioni ai loro gesti", afferma Malesa, "perché la violenza di genere è un'evidenza e il nostro primo obiettivo è sempre la tutela della donna e dei soggetti fragili".
Il Cam segue al momento più di ottanta uomini, e la forbice dell'età delle persone che frequentano il percorso in provincia si è allargata: "Prima erano prevalentemente uomini tra i quaranta e i sessant'anni, adesso arrivano anche ragazzi di sedici anni e uomini fino ai settanta", racconta Malesa all'AGI. "Sempre più spesso, oltre che sulla partner, la violenza si rivolge su altre figure familiari, soprattutto contro le madri".
Esiste un retaggio culturale di subalternità all'uomo duro a morire. Il Centro di aiuto agli Uomini maltrattanti lo scorso giugno ha stipulato un protocollo d'intesa con la questura di Nuoro, ma 'Onda Rosa' contesta il fatto che il programma includa anche la presa di contatti con la sopravvissuta alla violenza. "Si tratta di una collaborazione che, di fatto, è mediazione", sostiene Luisanna Porcu, "ma la mediazione con la donna maltrattata è vietata dalla convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne". Il Cam, però, dichiara, anche nel suo materiale informativo, di non essere un centro in cui si fa mediazione: "In una relazione violenta non esiste mediazione".