AGI - Nella Sicilia dei disastri ambientali record di soldi disponibili per la prevenzione, minima spesa.
Duro atto di accusa della Corte dei conti: all'Isola sono state assegnate le maggiori risorse con circa 789 milioni di euro, seguita da Lombardia con 598 milioni, Toscana (591 milioni), Campania (486 milioni) e Calabria con 452 milioni.
Mentre risultano impegni di spesa per opere contro il rischio dissesto idrogeologico per 45,33 milioni pari al 19,9% e pagamenti per 28,66 milioni pari al 12,6%.
Catania e Messina non hanno speso un euro. È quanto emerge dalla relazione su "Gli interventi delle amministrazioni dello Stato per la mitigazione del rischio idrogeologico”, approvata dalla Sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato della Corte dei conti, dove viene, fra l'altro, sottolineato come l'Italia, con circa i due terzi delle frane censite in Europa, sia il Paese maggiormente interessato da fenomeni franosi.
"Il Piano nazionale per la mitigazione del rischio idrogeologico, il ripristino e la tutela della risorsa ambientale, che ha mobilitato risorse economiche, nazionali e comunitarie, pari a 14,3 miliardi di euro in 12 anni, dal 2018 al 2030, destinate alle Regioni e agli enti locali, ha avuto il pregio di unificare il quadro generale dei finanziamenti, ma non ha risolto i problemi dell'unificazione dei criteri e delle procedure di spesa, dell'unicità del monitoraggio e dell'accelerazione della spesa - spiega il vicepresidente del Centro Pio la Torre, Franco Garufi, che ha analizzato la relazione - i motivi vanno dal ritardo nella progettazione alla complessità delle procedure di spesa, alla mancanza di coordinamento tra i vari organismi istituzionale, a livello nazionale, regionale e locali chiamati a comporre la governance del programma". In Sicilia va peggio di tutti.
Le tabelle allegate alla Relazione forniscono alcune, utili, tracce per rendersi conto dei colpevoli ritardi e delle occasioni sprecate. La Sicilia ha avuto assegnate risorse a carico dei programmi finanziati dal Fesr 2014-2020 attinenti al rischio idrogeologico e all'erosione costiera per 227,28 milioni di euro.
Per quanto riguarda i cosiddetti patti per lo sviluppo (ricordate il battage pubblicitario della firma apposta da Crocetta e dal ministro della Coesione dell'epoca all'ombra dei templi di Agrigento?), dai dati forniti dall'Agenzia per la coesione emerge che dei 585,3 milioni di euro di interventi contro il dissesto idrogeologico finanziati nel patto regionale siciliano su fondi Fsc 2014-2020 ne sono stati impegnati solo 25, 9 e pagati appena 9.
In compenso il Patto Città di Catania e quello di Messina 19,4, che avevano finanziamenti rispettivamente per 31,3 milioni di euro e 19,4 risultano non aver impegnato- e tanto meno speso - un solo euro. Un poco meglio va Palermo che su 40,2 milioni assegnati è riuscito a impegnarne 2,5, tuttavia si segnalano pagamenti pari a zero euro.
"I numeri hanno la testa dura e parlano chiaro – sottolinea Garufi - i soldi per intervenire c'erano, sono stati utilizzati poco e male. Anche le amministrazioni centrali dello Stato hanno le loro colpe ma la Regione a statuto speciale ha tra le proprie potestà esclusive la tutela del territorio e dell'ambiente e la gestione della lotta al rischio idrico e geologico. Ed è gravissimo che abbia fatto poco e niente per prevenire rischi ripetutamente annunciati Per quanto straordinari siano gli eventi meteorologici di queste ore, non v'è dubbio che i danni sono stati moltiplicati dalle condizioni fatiscenti dei sistemi idrici e da interventi sul territorio che hanno compromesso irrimediabilmente gli equilibri tra la natura e gli insediamenti umani".