AGI - #Draghistan non è il nome di una nuova repubblica caucasica, ma l’hashtag che da qualche giorno è stabilmente trending topic su Twitter, utilizzato dal vasto e articolato fronte composto dalle sigle #NoVax, #NoGreenPassObbligatorio #NoVaccinoObbligatorio, i cui aderenti sostengono che l’Italia sia caduta sotto una “dittatura sanitaria”.
L’epicentro geografico del dissenso è localizzato a Trieste, dove convergono le coordinate delle proteste contro le misure di contenimento del Covid-19 volute dal governo. Una geografia mutevole che nei giorni scorsi ha visto Roma, e la sede della Cigl, i luoghi degli scontri. Ora invece le banchine di alcuni portuali che partecipano allo sciopero, sono diventate la linea metaforica di opposizione al #greenpass obbligatorio, per accedere ai posti di lavoro. Ma nonostante le evidenti difficoltà, le attività ordinarie svolte dai lavoratori allo scalo proseguono regolarmente.
Il porto di Trieste è aperto e lavora nonostante la protesta no greenpass. Scalo di Monfalcone operativo al %.
— Porto di Trieste (@PortodiTrieste) October 16, 2021
A Trieste navi, mezzi, treni verso l’Europa non si sono fermati; operatività ridotta in alcuni terminal, altri quasi a regime.
⚓️
Proprio a Trieste erano attese circa 20mila persone per la manifestazione in programma venerdì 22 ottobre, poi revocata a causa della possibile infiltrazione di presunti sabotatori e gruppi violenti, i cosiddetti “black bloc”. Stefano Puzzer, ex portavoce dei portuali, dai social invita a restare a casa: “Fidatevi di me, non venite, non voglio mettere a repentaglio la vostra incolumità. E’ una trappola”.
Un altro leader della protesta, Gianluigi Paragone, attribuisce le responsabilità sul Viminale, precisando che il “fronte del porto” resta compatto, ma auspica un allargamento del dissenso ad altre piazze, proprio perché il governo - sostiene Paragone - non avrebbe interesse a mettere in sicurezza le persone durante la manifestazione. Una escalation in tutta Italia per impedire quella che definisce una “repressione”.
Con gli algoritmi di intelligenza artificiale di Kpi6* abbiano analizzato l’andamento dell’hashtag #Draghistan associato alle conversazioni su #NoGreenPass #IostoconStefanoPuzzer #dittatura, confermando una tendenza già rilevata sul web nei giorni scorsi: le discussioni dei manifestanti in rete non si concentrano sui vaccini, così come risultano nettamente in diminuzione i thread focalizzati sugli aspetti sanitari della pandemia, contagio, mascherine, indice RT.
L’oggetto del dissenso, invece, è principalmente di carattere politico inerente le restrizioni delle libertà e l’accesso ai luoghi di lavoro con green pass obbligatorio, in vigore dopo il 15 ottobre.
Sul web stiamo assistendo al conflitto organizzato a colpi di hashtag, dirette video, post, link con distribuzione omogenea in tutta Italia, che negli ultimi giorni ha prodotto quasi 90mila tweet, un tasso di engagement molto alto, 1,4% sopra la media della piattaforma, con mezzo milione di commenti e conversazioni con hashtag #BlackBloc cresciute del 287%, con picco registrato giovedì 21 ottobre. L’emotion analysis - l’analisi delle emozioni ricavabili all’interno dei contenuti pubblicati - restituisce il 50% di rabbia; un valore altissimo che supera ampiamente la media rilevata a ottobre su questi argomenti. In precedenza era la disapprovazione il sentimento prevalente, ostile ma meno forte rispetto alla rabbia, a caratterizzare le conversazioni sul green pass.
Una protesta costante con picchi agganciati agli avvenimenti di maggiore rilievo veicolati dai media mainstream, come il 18 ottobre in concomitanza con il record di download di certificati verdi effettuati in Italia (1.049.384 green pass scaricati, come si apprende sul portale ufficiale del governo: 914mila scaricati dopo aver effettuato i tamponi, 130mila in seguito a vaccinazioni e 4.512 quelli assegnati dopo la guarigione). Nella stessa data la Polizia ha utilizzato gli idranti per disperdere il sit-in dei no green pass e consentire la ripresa delle attività lavorative al porto di Trieste. Tensioni condivise sui social media che diventano strumenti permanenti di un racconto “live” degli avvenimenti, interazioni incentivate dagli algoritmi che ne amplificano la visibilità e la viralità sulle diverse piattaforme.
Il ministro lamorgese ha lasciato fare quello che volevano al rave di Viterbo, ha lasciato assaltare la sede della CGIL a forza nuova senza far alzare un dito per "timori per l'ordine pubblico" ma è andati con idranti e manganelli contro un presidio pacifico a Trieste. Che schifo
— Claudio Borghi A. (@borghi_claudio) October 18, 2021
Tra le personalità di spicco maggiormente associate ai contenuti inerenti il green pass osserviamo differenze culturali e trasversalità di posizioni: ci sono politici come Claudio Borghi e Francesca Donato, user attivissimi sui social media, professori e opinionisti come Massimo Cacciari e Alessandro Barbero che invece non hanno account attivi, ma sono diventati “influencer”, a vario titolo e probabilmente involontariamente, del fronte #NoGreenPass.
Nel grafico sulla distribuzione delle conversazioni e dei temi associati, all’interno del macro argomento Black Bloc troviamo soprattutto le discussioni sul “rischio infiltrazioni”, provenienti anche da contesti internazionali in grado di sabotare e fuorviare la manifestazione. Si è anche accesa una disputa tra partecipanti sull’opportunità di annullare o meno la manifestazione, mentre la discussione sull’ipotetica teoria del complotto del governo non sembra imporsi sulle altre aree tematiche.
* Analisti: Gaetano Masi, Marco Mazza, Giuseppe Lo Forte, Pietro La Torre; Design: Cristina, Addonizio; giornalista, content editor: Massimo Fellini