AGI - L’Italia, in declino demografico da almeno sei anni, nel 2020 registra, per la prima volta da 20 anni a questa parte, anche il calo più alto della popolazione straniera. In un solo anno il Paese perde in tutto quasi 200mila abitanti e i residenti stranieri diminuiscono di 26.422 unità (-0,5%), attestandosi su 5.013.215.
È un’anticipazione dei dati del 31esimo Dossier Statistico Immigrazione curato dal Centro studi e riceerche Idos, secondo cui “sembrano superati i tempi in cui la popolazione straniera residente compensava i saldi naturali negativi degli italiani”.
Il calo dei residenti stranieri è l’esito di diverse voci del bilancio demografico del 2020. A causa delle chiusure dovute alle misure di contenimento della pandemia, le iscrizioni dall’estero (177.304) di residenti stranieri calano di un terzo (-33,0%) rispetto al 2019 e di poco meno (-30,6%) rispetto alla media degli ultimi cinque anni.
Quasi dimezzati anche gli stranieri cancellati per l’estero (29.682): il 48,4% in meno del 2019. La differenza tra stranieri iscritti dall’estero e stranieri cancellati per l’estero è positiva (+147.622), ma più bassa di circa 58mila unità rispetto al 2019. Quanto alla differenza tra nati e morti, l’Italia registra, anche a causa della pandemia, un incremento della mortalità che porta a un saldo naturale della popolazione totale negativo per 342.042 unità: la componente italiana perde, tra nati e morti, 392.108 persone, mentre quella straniera, grazie alle nascite, aumenta di 50.066.
Gli stranieri, per la loro più di giovane età, hanno patito meno gli effetti letali della pandemia ma, nonostante ciò, la loro mortalità è cresciuta in un anno del 25,5% (1.892 decessi in più del 2019) e registra l’incremento maggiore nel Nord-Ovest (+36,0%), più colpito dalla diffusione del virus. Seppure il saldo migratorio estero e quello naturale siano anche nel 2020 di segno positivo, i residenti stranieri calano a causa di 118.949 cancellazioni d’ufficio per “altri motivi” (irreperibilità o scadenza del permesso di soggiorno) e di 133 mila stranieri che hanno acquisito la cittadinanza italiana.
“Da tutti questi elementi – spiegano gli autori del Dossier - scaturisce la diminuzione registrata nel 2020. In venti anni, solo nel 2015 e nel 2016 si erano registrati lievi cali (rispettivamente -4.203 e -12.409), ma decisamente più bassi. Invece, il calo del 2020 è il più alto mai avuto e, al netto delle acquisizioni di cittadinanza italiana e delle cancellazioni d’ufficio, è riconducibile alla pandemia (salvo aggiornamenti che l’Istat comunicherà a fine 2021 con i dati definitivi)”.
Il calo dell'occupazione
Nel mercato del lavoro, la pandemia ha prodotto un eccezionale calo dell’occupazione complessiva (in tutto 456 mila lavoratori in meno: -2,0%) e, parallelamente, una forte riduzione della disoccupazione (-271 mila: -10,5%): “due fenomeni in apparenza contrastanti, ma da leggere insieme all’aumento dell’inattività (ossia di chi non ha e non cerca lavoro): pandemia, restrizioni per il contrasto della diffusione del virus e chiusura di molte attività durante i lockdown, hanno fortemente scoraggiato la ricerca del lavoro anche tra gli stranieri”.
Il numero degli occupati stranieri, in continua crescita dal 2004, nel 2020 si riduce del 6,4% (-1,4% per gli italiani), la disoccupazione del 12,4% (-10,1% per gli italiani), mentre l’inattività cresce del 16,2% (+3,1% per gli italiani). Gli occupati stranieri scendono così a 2.346.000, con una perdita di 159mila unità (erano 2.505.000 nel 2019). Ciò nonostante, a causa della consistente perdita di occupazione anche tra gli italiani, non cala l’incidenza degli stranieri sul totale (10,2%).
Se nel 2004 il tasso di inattività degli stranieri era più basso di 12 punti percentuali rispetto agli italiani, dopo 14 anni il gap si è ridotto a soli 2 punti. E così, per la prima volta nella storia dell’immigrazione in Italia, il tasso di occupazione degli stranieri si attesta su un livello inferiore a quello dei cittadini italiani (57,3% rispetto a 58,2%), essendo diminuito tra i primi in misura molto più intensa (-3,7 contro -0,6 punti percentuali).