AGI - Quasi 250 vetture danneggiate dalle fiamme o bruciate del tutto dal 2016 ad oggi. A Roma, il fenomeno dei cosiddetti 'Flambus', o meglio dei bus incendiati, tra mezzi Atac (l'azienda che gestisce gran parte del sistema di trasporto pubblico locale a Roma) e Tpl (il consorzio che gestisce le linee di periferia), è diventato ormai una triste costante, al pari dell'emergenza cinghiali. Poco importa se l'incendio sia doloso o accidentale.
I numeri, rappresentativi di un fenomeno troppo frequente, sono allarmanti: nel 2016 sono stati 36 i casi di mezzi andati in fiamme. Nel 2017 gli episodi sono stati 46, 44 nel 2018, 45 nel 2019. Piccolo calo (30) nel 2020, e chissà se la diminuzione si spiega solamente con i vari lockdown imposti dalla pandemia. Nel 2021, con il rogo di lunedì notte, siamo tornati a quota 45.
La procura capitolina ha aperto già diverse inchieste: per una ventina di incendi (sospetti) di bus avvenuti nel 2019, ci sono dodici dirigenti o supervisori dei lavori che rischiano un processo, per le accuse, a vario titolo, di rogo colposo, disastro colposo e attentato alla sicurezza dei trasporti.
I magistrati, che avevano disposto una perizia, contestano di aver rimesso in circolazione mezzi che avevano già avuto problemi in passato. Non risultavano coinvolti invece gli operai addetti alla manutenzione. Una nuova indagine, più recente, ancora a carico di ignoti, oltre a esaminare nel dettaglio le caratteristiche degli autobus andati a fuoco, sta puntando, invece, sulle scelte gestionali effettuate per l'individuazione dei fornitori dei pezzi di ricambio e sulle officine private cui sono appaltate alcune fasi della manutenzione. I reati ipotizzati sono sempre incendio con grave pericolo per l'incolumità pubblica e disastro colposo.