AGI - "Ho combattuto ed ho servito il mio Paese, prestando fede a un giuramento che, potendo ritornare indietro, rifarei nonostante tutto. Non posso negare però quanto sia per me doloroso assistere, impotente, a questo triste epilogo. Ora ci devono delle risposte". Lo scrive in un post su Facebook Luca Barisonzi, un militare dell’Esercito Italiano che ha prestato servizio in Afghanistan dove, nel gennaio del 2011, è rimasto ferito in un attentato.
"Penso alle donne che con noi sono diventate libere"
"In questi giorni mi è stato più volte richiesto di rilasciare interviste - spiega - ma, dopo avere riflettuto, ho ritenuto che il modo migliore per dire ciò che penso sia quello di affidarmi ai social ed ecco il perché di queste righe. Mentre in tv scorrono le immagini di Kabul, e del suo aeroporto preso d’assalto da migliaia di Afgani alla ricerca di un volo che consenta loro di fuggire, sento un nodo salirmi alla gola e un peso sul petto.
Ho visto le immagini di una donna e di tre bambini, probabilmente i suoi figli, seduti lungo la linea di una delle piste di atterraggio. Dal volto della donna traspariva la sua disperazione, mista però alla compostezza di chi tenta di non far preoccupare i propri figli".
Barisonzi trova immagini della sua esperienza per confrontarle all'oggi: "Ho così ripensato ai bambini incontrati durante quel periodo, e ho rivisto quelli il cui volto mi era diventato familiare a Bala Morghab. Mi è ritornato alla mente come, nei mesi della missione, più l’area veniva posta in sicurezza e più le persone potevano fare ritorno alle proprie abitazioni e i bambini riprendere a giocare, persino sotto le nostre postazioni.
Penso a quella generazione cresciuta laggiù in questi 20 anni, a tutti coloro che hanno potuto conoscere, studiare e sognare il proprio futuro. Quante ragazzine, diventate ormai donne, si sono potute sentire più libere, conquistando finalmente diritti che sono scontati per noi occidentali".
"Il nostro dovere sino al sacrificio della vita"
"Tutto questo - sottolinea - è potuto accadere anche grazie all’impegno di noi Italiani, che abbiamo compiuto il nostro dovere, sovente fino al sacrificio della propria vita. Per anni ci siamo stretti gli anfibi e allacciati gli elmetti, pronti a uscire in difesa dei diritti del popolo afgano, pur sapendo che da molti, anche in Italia venivamo criticati. Quelle stesse persone oggi, esperte di geopolitica homemade che riempiono i social di hashtag, su di una realtà di cui non conoscono niente, comodamente seduti sul divano di casa propria". "Questo è il mio stato d’animo attuale - conclude - non chiedetemi di esprimere ulteriori opinioni, perché forse sono altri a dover fornire a noi tutti, le risposte che riteniamo ci siano dovute".