AGI - Il ministro della Salute, Roberto Speranza, rilancia la necessità e l'urgenza di una legge in materia di fine vita, sollecitata da una sentenza della Consulta. La quale Corte, ricorda il ministro, "ha stabilito che una persona, qualora ricorrano i requisiti che il comitato etico competente deve verificare, ha il diritto di chiedere a una struttura pubblica del servizio sanitario l'assistenza al suicidio medicalmente assistito". Ovvero, le Asl.
Le parole di Speranza sono contenute in una lettera indirizzata, tramite La Stampa, a un uomo di 43 anni che ieri, sulle stesse colonne del quotidiano torinese, aveva scritto: “Voglio morire con dignità, vi prego, ora lasciatemi andare”.
"Caro Mario - scrive il ministro - desidero anzitutto esprimerLe il mio profondo rispetto per la dignità - che traspare per intero dalla sua lettera - con la quale sta affrontando la sua dolorosa condizione e sta cercando di ottenere una risposta dal sistema sanitario pubblico, nel pieno rispetto delle norme attualmente vigenti nell'ordinamento giuridico italiano”.
Nell’aggiungere che la lettera “meritava una risposta, il ministro scrive: 'Ora continueremo a lavorare in silenzio, per ciò che il governo può fare nell'ambito delle sue competenze, per consentire l'applicazione più uniforme possibile, al di là di ogni legittima posizione politico-culturale, della sentenza della Corte Costituzionale, nel rigoroso rispetto dei requisiti molto chiari e stringenti che essa ha stabilito”.
Speranza osserva che “il fine vita è naturalmente uno di quegli argomenti su cui si confronta un pluralismo insuperabile di punti di vista etici, culturali, teorici, religiosi, che in un ordinamento democratico come il nostro non può che trovare la sua espressione politica anzitutto nel Parlamento” e sotto questo aspetto “sono personalmente convinto da tempo della necessità e dell'urgenza di un intervento legislativo in materia, da ministro ho mantenuto, pertanto, la posizione di principio che su materie come questa non ci possa essere alcuna iniziativa del governo che scavalchi o surroghi il ruolo del Parlamento”.
Tanto più, prosegue Speranza, che “la sentenza n. 242 del 2019 della Corte Costituzionale, prendendo atto di uno stallo legislativo che si trascina da anni e pur auspicando una più organica regolazione della materia da parte del Parlamento, ha introdotto un fatto nuovo, rendendo non più punibile, chi ‘agevola l'esecuzione del proposito di suicidio’”.
E così, “in assenza di una regolazione legislativa più generale della materia, di cui pure ha ribadito la necessità, la Consulta ha stabilito che una persona, qualora ricorrano i quattro requisiti sopra riportati e che il comitato etico competente deve verificare, ha il diritto di chiedere a una struttura pubblica del servizio sanitario l'assistenza al suicidio medicalmente assistito”. Ancora, le Asl.
Conclude Speranza: “L'attesa e l'auspicio di una legge non possono perciò esimere tutti, quali che siano le diverse legittime posizioni su un tema così delicato, dal prendere atto che la sentenza della Consulta non può essere ignorata” ed è “sulla base di questa convinzione che il Ministero della Salute ha avviato già nei mesi scorsi un confronto con le Regioni che ha l'obiettivo di superare due problemi che rischiano di ostacolare l'attuazione della sentenza della Consulta o di produrre una sua applicazione non omogenea nei diversi territori".