AGI - Più di una vittima di tratta su tre (34%) nel mondo è minorenne, in prevalenza di genere femminile. Una percentuale che, pur riguardando i soli casi giudiziari accertati di un fenomeno ben più vasto, è più che triplicata negli ultimi 15 anni ed è anche più elevata nelle regioni a basso reddito (Africa sub-sahariana e occidentale, Asia meridionale, America centrale e Caraibi) dove i minori sono la metà delle vittime totali accertate.
In vista della Giornata internazionale contro la tratta di esseri umani che ricorre il prossimo 30 luglio, Save the Children diffonde l’XI edizione del rapporto 'Piccoli schiavi invisibili – Fuori dall’ombra: le vite sospese dei figli delle vittime di sfruttamento'.
Tra le regioni del mondo, il numero più alto di casi accertati con vittime minorenni è quello rilevato in Europa occidentale e meridionale, con 4.168 minori vittime, in maggioranza maschi (59%).
Rispetto alle forme di sfruttamento a livello globale, la tratta a scopo di sfruttamento sessuale riguarda il 72% delle bambine e ragazze vittime, mentre la forma prevalente nel caso dei maschi è quella lavorativa (66%). Tratta e sfruttamento degli esseri umani, in particolare dei minori, sono fenomeni di difficile emersione, a causa degli enormi interessi dei trafficanti - in un mercato che si trasforma ma non accenna a diminuire - e dell’insufficiente impegno dei governi nel monitoraggio e nell’azione di prevenzione e contrasto.
Già prima della pandemia, la punta dell’iceberg costituita da 50.000 vittime accertate nel mondo indicava uno scenario allarmante; un quadro destinato a peggiorare per le conseguenze dell’emergenza Covid-19 che ha spinto in povertà nel 2020 142 milioni di bambini e adolescenti in più.
Nelle fasi acute della pandemia, le misure di contenimento hanno lasciato senza scuola 1,6 miliardi di bambini e bambine, con la grave conseguenza che 10 milioni tra i più vulnerabili potrebbero abbandonare l’istruzione ed essere così esposti al rischio di tratta e sfruttamento lavorativo o sessuale, di matrimoni forzati o gravidanze precoci, in particolare nei Paesi a più basso reddito. Secondo le stime, il solo sfruttamento lavorativo potrebbe inghiottire entro la fine del 2022 altri 8,9 milioni di bambini e adolescenti, per più della metà sotto gli 11 anni.
In Italia le vittime prese in carico dal sistema nazionale anti-tratta nel 2020 erano 2.040. Si tratta in prevalenza di donne e ragazze (81,8%), mentre 1 vittima su 20 è minore (105). Tra i paesi d’origine delle vittime prevale la Nigeria (72,3%), seguita da Costa d’Avorio, Pakistan, Gambia e Marocco, mentre la forma di sfruttamento più rilevata è quella sessuale (78,4%), seguita da quella lavorativa (13,8%), l’1% delle vittime è stato coinvolto in economie illegali e lo 0,6% nell’accattonaggio.
I minori vittime di sfruttamento lavorativo intercettati dall’Ispettorato nazionale del lavoro nel 2020 sono 127, sia stranieri che italiani, con una leggera prevalenza femminile (57,7%). Gli illeciti riguardano in gran parte il settore terziario (88%), seguito da industria (4,7%), edilizia (3,9%) e agricoltura (2,4%). Un dato che deve far riflettere sulla necessità d'indagini mirate a far emergere un fenomeno ancora per lo più sommerso.