AGI - “Sono passati 20 anni non di lotta, perché quella spetta alle forze dell'ordine e alla magistratura, ma di impegno. Impegno trascorso nelle piazze, nelle sedi delle associazioni, nelle scuole di tutta Italia, a parlare ai giovani della nostra storia, per far sì che mai più nessuno finisca tra le mani della mafia”. Sono le parole, raccolte dall'AGI, di Pinuccio e Lella Fazio, genitori di Michele, ucciso per errore a 16 anni dalla criminalità organizzata il 12 luglio 2001.
I loro nomi a Bari sono simbolo dell'antimafia, della legalità. Da 20 anni mantengono alta la fiamma della speranza, della rivincita sulla criminalità che ha portato via loro la cosa più preziosa al mondo: il figlio Michele. Per loro amico, compagno, confidente.
Era il 12 luglio 2001, all'apparenza un giorno come tanti tra i vicoli di Bari vecchia. Vicoli dimenticati, temuti, malfamati, ma abitati da tanta gente perbene.
Michele tornava a casa dopo una giornata di lavoro come barista. Il papà, di professione ferroviere, aveva ordinato le pizze per tutti e Michele, come ogni sera, usò il telefonino regalatogli dai genitori per avvisare che stava rincasando.
Mancavano poco più di 20 minuti alle 23 quando tutta la famiglia udì gli spari in strada. Nessuno mosse un dito, tranne la sorella più piccola, Rachele, che sbirciò dalla finestra e vide il corpo del fratello Michele esanime per terra sotto casa.
Il 16enne venne raggiunto da un proiettile vagante che lo colpì mortalmente alla nuca. Lungo quel tragitto, percorso abitualmente, alcuni esponenti del clan Capriati, ragazzi poco più grandi di Michele, avevano deciso di vendicare l'uccisione di Francesco Capriati, assassinato due settimane prima, colpendo un esponente a caso del clan Strisciuglio, responsabile dell'agguato.
Così il commando, dopo aver avvistato la vittima designata, fece fuoco. Tra i due gruppi a pagare il prezzo più alto fu Michele. Cadde a terra esanime, ucciso per errore in una guerra a lui estranea. Solo una frase riecheggiò mentre scappavano: "Sim accis o uagnon bun". Avevano tolto la vita ad un bravo ragazzo.
Per l’omicidio furono condannati Francesco Annoscia (15 anni e 8 mesi), che ha già scontato la pena, e Raffaele Capriati (17 anni); il 28 giugno 2016, in esecuzione di una condanna definitiva a 7 anni e 6 mesi di carcere è stato arrestato il terzo componente del commando, Michele Portoghese, oggi 36enne, che guidava uno dei due scooter usati per compiere l’agguato. Nessuno vide o sentì niente, bisognava rompere lo scudo dell’omertà.
“Le persone di 20 anni fa non ci sono più – dicono Pinuccio e Lella -. Hanno scelto di stare dalla nostra parte. Bari vecchia prima aveva uno solo a comandare nel quartiere, ora il quartiere è libero, è di tutti. C'è sempre qualcuno che, magari, cerca di emergere, di continuare a svolgere attività illecite: ecco perché non dobbiamo mai dire che abbiamo vinto. Bisogna sempre continuare nella missione del dialogo e della legalità. Lo facciamo per l'amore verso Michele, nella speranza che una tragedia così non capiti mai più a nessuno”.
Questa sera, alle 18,30, nel centro storico di Bari, in largo Amendoni, il sindaco Antonio Decaro deporrà una corona d'alloro. Alla cerimonia, oltre ai genitori di Michele, parteciperanno i rappresentanti delle autorità civili e militari e delle associazioni che compongono il presidio di Libera Bari coordinato da don Angelo Cassano.
Alle 20.15, invece, all'interno della Cattedrale di San Sabino a Bari andrà in scena lo spettacolo teatrale “Stocc ddo” di e con Sara Bevilacqua a cura dei Meridiani perduti e la drammaturgia di Osvaldo Capraro.