AGI - “In questo momento di ripresa dai periodi più critici della pandemia, la vittoria dell’Italia alle semifinali degli Europei non è vissuta solo come una vittoria sportiva ma anche, a livello emotivo, come una vittoria della speranza e del desiderio di un ritorno alla normalità". Lo ha detto all'AGI Eleonora Iacobelli, psicoterapeuta e presidente dell'Eurodap (Associazione Europea per il Disturbo da Attacchi di Panico).
Questo è dovuto al fatto che gli italiani tendono ad essere uniti, patriottici. La cultura del calcio - continua - è molto presente nel nostro Paese, ma ha anche a che fare con il periodo storico e medico che stiamo vivendo. Dopo essere stati chiusi per un anno e mezzo e non aver potuto assistere a manifestazioni sportive, né godere del senso di convivialità e unione che il calcio e lo sport in generale riescono a regalare, la vittoria dell’Italia è stata vissuta con intensità, come un momento di festa, goliardia e soddisfazione".
E' così che secondo Iacobelli si giustifica così tanto entusiasmo per la vittoria di ieri. "Il festeggiamento per la vittoria alle semifinali - dice - è addirittura eccessivo o prematuro, però esprime una sensazione di liberazione dovuta al fatto che finalmente si è tornati alla condivisione. Il consiglio è vivere il momento, stando attenti però a non avere delle aspettative eccessive perché poi potrebbero creare delusioni. E’ un discorso che può applicato al calcio ma, più in generale, anche al ritorno a una normalità, che non sarà mai quella che abbiamo lasciato ma che per certi aspetti sarà inevitabilmente meno spontanea e più consapevole. Potremmo addirittura arrivare a comprendere meglio e a valorizzare di più ciò che prima davamo per scontato, compresi gli Europei di calcio e le Olimpiadi che inizieranno il 23 luglio”.
Per Antonio Tintori, referente del gruppo di ricerca Mutamenti sociali, Valutazione e Metodi (MUSA) presso l’Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Irpps), “Il calcio in Italia rappresenta una passione e una valvola di sfogo, e le vittorie degli azzurri in questo instabile clima di incertezze legate all’andamento della pandemia potrebbero in qualche modo alleviare lo stress della situazione, rievocando quel clima di (strumentale) unità che si respirava lo scorso anno quando ci si ritrovava sul balcone, ogni giorno alla stessa ora, per condividere speranze, ansie, paure e solidarietà”.
-“Avremmo bisogno di nuovi dati e studi specifici per fornire un’interpretazione puntuale di quanto sta accadendo– precisa l’esperto – per cui queste opinioni derivano semplicemente da considerazioni basate sul sentore del clima sociale che si sta vivendo in questo momento storico. Da marzo scorso, abbiamo istituito l’Osservatorio sui Mutamenti Sociali in Atto (MSA-COVID-19) per valutare gli effetti psicosociali prodotti dal confinamento domestico e dalla riduzione dell’interazione fisica nella popolazione, mentre, su mandato della Presidenza del Consiglio, nell’ambito del nostro Osservatorio sulle Tendenze Giovanili, abbiamo recentemente iniziato attività di ricerca sulla popolazione in età di infanzia e adolescenziale al fine di rilevare e interpretare sempre più puntualmente gli effetti della pandemia su atteggiamenti e comportamenti, con particolare attenzione verso la devianza sociale e i disagi individuali”.
“In termini psicologici di emozioni individuali – continua – abbiamo riscontrato già nel corso del primo periodo di lockdown della scorsa primavera un aumento generale di sentimenti negativi come tristezza, paura, ansia e rabbia, correlati alla difficile situazione che stavamo vivendo. Dal punto di vista psicosociale è stato davvero interessante poter osservare gli effetti dell’allontanamento fisico su così larga scala”.
Lo scienziato riporta che dopo un primo periodo di reazione unificata alla pandemia, la popolazione si è in qualche modo bipolarizzata, da un lato coloro che avevano sviluppato una sorta di paura quasi fobica rispetto alla prossimità fisica, e dall’altro chi stava maturando un’insofferenza nei confronti delle restrizioni.
“Non si era mai verificato un evento di distanziamento fisico tanto esteso – osserva Tintori – e, anche se virtualmente ci siamo avvicinati, si percepisce da tempo una tensione sociale e psicologica non indifferente. Lo stadio nasce come arena di intrattenimento, e rappresenta un luogo celebrativo in cui liberare e condividere determinate emozioni. Questa dimensione è fondamentale per il controllo sociale informale e dunque per il contenimento del disagio in un periodo come questo, anche se spesso tale luogo è anche associato ad atti di violenza. Questa forma di controllo ha giocato un ruolo importante relativamente al rispetto delle regole di ‘distanziamento sociale’, proprio perché regola il comportamento di massa non sul piano coercitivo ma attraverso la condivisione di intenti”.
Lo scienziato spiega poi che gli eventi calcistici delle ultime settimane da un lato hanno contribuito ad allentare la tensione che si era accumulata a causa della pandemia, e dall’altro “ci rimandano a quello che accadeva durante il lockdown, quando il ritrovarsi sul balcone per condividere emozioni, difficoltà ed ansie produceva un artificiale spirito di solidarietà e comunità che non teneva però conto del fatto che il problema che iniziava ad affliggerci non riguardava gli italiani e le loro specifiche capacità di reazione, quanto piuttosto un piano globale rispetto al quale si sarebbe invece da subito dovuto generare un atteggiamento di collaborativa solidarietà. Ora ci ritroviamo a gioire per la nazionale calcistica, sentendoci nuovamente parte di una comunità. Ciò allenta e dirige altrove la tensione e l’incertezza, e questo è un fatto umano”.
“Ben venga l’euforia – conclude Tintori – anche se l’altro effetto collaterale riguarda gli assembramenti in piazza, che possono contribuire alla diffusione dell’infezione. Ovviamente è consigliabile mantenere sempre la razionalità, stando attenti in ogni situazione potenzialmente pericolosa. Dal punto di vista psicologico, però, le vittorie della nazionale agli Europei sembrano sicuramente rappresentare una valvola di sfogo di cui storicamente l’italiano medio non ha mai esitato di cibarsi”.