AGI - C’è un nuovo finanziamento da un milione e mezzo di euro per l’aula bunker del carcere di Opera, l’edificio eretto a fianco del penitenziario di massima sicurezza progettato nel 1996, iniziato a costruire tre anni dopo e mai terminato.
Era il secolo scorso: i vertici del Tribunale di Milano, sull’onda lunga di Tangentopoli e delle inchieste di mafia, pensavano in grande, a una struttura che potesse ospitare i maxi processi con tanto di alloggi per i magistrati nel caso di lunghe camere di consiglio.
Dopo decine di appalti più volte modificati e almeno 12 milioni di euro messi a disposizione del Provveditorato regionale alle Opere Pubbliche dal Ministero della Giustizia, quel ‘sogno’ si è trasformato in uno sgraziato edificio di calcestruzzo in eterna attesa di un taglio del nastro tra i larghi campi di grano e le rogge sottili che scorrono attorno all’abitato di Opera.
Da sei anni 'fermo' l'esposto alla Corte dei Conti
Le fonti giudiziarie da cui l’AGI ha appreso dell'arrivo di denaro fresco non esplicitano a cosa servano questi soldi.
Intanto, interpellata sullo stato dell’inchiesta per ‘danno erariale da opera incompiuta’ aperta sei anni fa, la Corte dei Conti attraverso il suo presidente Luigi Cirillo fa sapere che “siamo in fase istruttoria”, cioè nella parte iniziale degli accertamenti. A presentare l’esposto erano state due magistrate della Procura Generale e della Corte d’Appello di Milano che, dopo un sopralluogo da cui era emerso lo stato di degrado del cantiere, avevano investito della questione anche la Procura, la quale non risulta abbia mai compiuto atti d’indagine.
Nel progetto elaborato dal Provveditorato l’anno in cui Micheal Johnson batteva record di velocità all’Olimpiade di Atlanta e Antonio Di Pietro decideva di entrare in politica, era prevista una struttura con un interrato riservato alle celle per i detenuti e due piani in grado di ospitare un’aula bunker, due camere di consiglio con annesse otto stanze per i magistrati nel caso di notti a meditare sulle sentenze e un archivio. Era in anche in programma una strada lunga circa 300 metri per consentire a toghe, avvocati e pubblico di accedere al bunker da ricavare dopo l’espropriazione dei terreni. Mai avvenuta. Tra i vari intoppi nei due decenni, anche l’allagamento della struttura e una serie di perizie necessarie perché nel progetto originario non si era tenuto in debito conto della permeabilità del terreno dove scorrono le rogge.
"Non abbiamo la bacchetta magica"
L’AGI ha visitato nei giorni scorsi una parte dell’interno del prefabbricato, l'altra non è stato possibile perché i responsabili del cantiere non lo hanno consentito.
La situazione non sembra essere cambiata di molto rispetto a quando, nel marzo del 2015, l’allora Provveditore Pietro Baratono aveva garantito che entro il luglio di quell'anno i lavori sarebbero stati conclusi spiegando di essere arrivato nel 2012 e di essersi reso conto che “l’appalto è nato male, senza una visione unitaria” e che a creare difficoltà “sono state anche le diverse esigenze dell’usuario nel corso del tempo”.
Oggi come allora sono rimaste le gabbie metalliche da riservare ai detenuti durante le udienze che, nel frattempo, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha ritenuto lesive della dignità dei reclusi condannando il nostro Paese.
Nel cantiere era presente tra gli altri un funzionario del Provveditorato. Alla domanda su quando sia previsto il termine dei lavori, ha risposto: ”Non lo so, non abbiamo la bacchetta magica. Chi è il responsabile dei lavori? Non lo so”.
I maxi processi sono diventati una rarità, qualcuno nei corridoi della giustizia milanese sostiene che sarebbe meglio abbattere il frutto dell'infinito cantiere perché non è più utile e i costi di mantenimento sarebbero esorbitanti considerando che i soldi per la giustizia, oggi, sono assai meno che nel secolo scorso.