AGI - Salvataggi uno dopo l'altro al largo della Libia. Sono 572 i migranti a bordo della 'Ocean Viking' di Sos Mediterranee dopo sei interventi di salvataggio. L'ultimo, quando, dopo cinque ore di difficili operazioni, 369 persone sono state evacuate in sicurezza da un barcone che ha rischiato più volte di ribaltarsi nella zona Sar libica. La ong a questo punto attende l'indicazione di un porto sicuro.
E per una nave di soccorso in piena e intensa attività, ve n'è un'altra che è in stato di fermo e chiede di essere messa in condizioni di tornare in mare. Si tratta della "Geo Barents" di Medici senza frontiere dal 2 luglio bloccata dalla Guardia costiera ad Augusta, dove si trovava daò 17 giugno quando era approdata con 410 migranti tratti in salvo. Contestate 22 violazioni al termine di una ispezione durata 14 ore.
“Determinati a tornare in mare il prima possibile”, Medici senza frontiere annuncia che presenterà un piano di azione “per adeguare velocemente le irregolarità tecniche contestate dalle autorità, chiedendo contestualmente l’immediata revoca dell’ordine di fermo”.
In caso di rifiuto, Msf “si riserva di intraprendere ulteriori iniziative” per contestare il provvedimento di fronte al Tar e chiedere un indennizzo dei danni subiti “come risultato del fermo indebito della nave e dei ritardi nella ripartenza (spese del noleggio, stipendi del personale e altri costi vivi)”.
La Geo Barents è in mare “per la vergognosa assenza di una capacità di soccorso guidata dagli stati lungo il confine marittimo più letale al mondo. Nel frattempo, gli Stati Ue sostengono la pericolosa guardia costiera libica e bloccano gli sforzi delle organizzazioni nel riempire quel drammatico vuoto. Msf farà tutto il possibile per tornare al più presto a salvare vite in mare”.
La ong chiede alle autorità italiane “il rilascio tempestivo” della nave di ricerca e soccorso Geo Barents, “come previsto dalle procedure esistenti”. Gli stati e le istituzioni europei 'devono porre fine al più presto al loro supporto politico e materiale alla guardia costiera libica, che porta a un sistema di intercettazioni e ritorni forzati in Libia. Gli stati membri dell’Ue devono urgentemente indagare su ogni segnalazione di respingimenti e altri ritorni illegali“.