AGI – Tutti alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo contro l'archiviazione dell'inchiesta decisa dal gip di Modena sulla morte di otto detenuti nella rivolta dell’8 marzo del 2020 al penitenziario ‘Sant’Anna’ per protestare anche contro le restrizioni dovute al Covid.
Una scelta, quella di andare fino in fondo, annunciata nei giorni in cui il mondo del carcere è scosso dall'indagine sulle violenze di Santa Maria Capua Vetere.
"Una rivolta non è una situazione eccezionale"
“E’ una possibilità che stiamo prendendo in considerazione perché la decisione del gip, che ha sposato la tesi della Procura, non ci convince. L’eccezionalità della situazione non ‘copre’, come sostengono i magistrati, le responsabilità del personale medico e degli agenti della polizia penitenziaria” spiega all'AGI Alessia Filippi, avvocato dell'associazione Antigone, una delle più attive nel monitoraggio della situazione carceraria.
"Questo perché, argomenta Filippi, “anzitutto una rivolta in carcere non è una situazione eccezionale, non è un terremoto. La gestione della sicurezza in carcere è disciplinata da protocolli e circolari che devono essere seguiti. La situazione che si era creata, e su questo non abbiamo da obbiettare alle conclusioni del gip, imponeva di trasferire i detenuti dal momento che l'istituto era ingestibile perché era stato distrutto tutto”.
Ma, questo è il punto centrale per Antigone che aveva presentato opposizione alla richiesta dell’archiviazione assieme al Garante dei detenuti, le persone in overdose per l’abuso dei farmaci provenienti dagli armadietti saccheggiati “dovevano essere portate al pronto soccorso ed è su questo che si deve fare un processo per accertare eventuali responsabilità”.
L’archiviazione dell’inchiesta per i reati di 'omicidio colposo plurimo' e 'morte come conseguenza di altro reato' risale al 17 giugno. Secondo il gip, la vicenda “ha trovato compiuta ricostruzione, nella sua genesi e nel conseguente sviluppo in termini spaziali e temporali, nelle relazioni depositate dalla Polizia penitenziaria e dalla Squadra Mobile della Questura modenese”.
Resta aperta l'inchiesta sui pestaggi raccontati dai reclusi
Chiuso, salvo appendici europee, questo capitolo d’indagine, resta aperto quello sui presunti pestaggi ai detenuti nato da due lettere inviate all’AGI da due detenuti che denunciano di avere subito “abusi”.
Entrambe le persone che riferiscono di essere state vittime di violenze gratuite hanno viaggiato da Modena ad Ascoli assieme a Salvatore ‘Sasà’ Piscitelli, il quarantenne per il quale i suoi compagni di teatro di Bollate, dove era recluso prima di Modena, avevano fatto un appello per sapere la “verità” sulla sua scomparsa.
"Ammazzavano la gente"
“A me dispiace molto per quello che è successo - è scritto nella prima delle due missive - Io non c'entravo niente. Ho avuto paura…Ci hanno messo in una saletta dove non c'erano le telecamere. Ammazzavano la gente con botte, manganelli, calci e pugni. A me e a un'altra persona ci hanno spogliati del tutto. Ci hanno colpito alle costole. Un rappresentante delle forze dell'ordine, quando ci siamo consegnati, ha dato la sua parola che non picchiava nessuno. Poi non l'ha mantenuta”.
In questi mesi sono stati rintracciati e sentiti gli autori delle lettere acquisite dalla Procura.
“Ci aspettiamo che questi esposti vengano valutati con massima attenzione ancora di più dopo i fatti di Santa Maria Capua Vetere – afferma l’avvocato Luca Sebastiani, legale di Hafedh Chouchane, morto a 36 anni a pochi giorni dal fine pena –. Anche alla luce di queste denunce non comprendiamo perché non siano state disposte nuove indagine sugli otto decessi. A ogni modo, siamo al lavoro per la redazione del ricorso alla Corte Europea dei diritti dell’Uomo in collaborazione con alcuni dei migliori professori accademici che hanno offerto la loro disponibilità per questa causa. Confidiamo che in quella sede potremo evidenziare le nostre perplessità e ricevere la dovuta attenzione, in particolare riguardo al tema del sovraffollamento che ha avuto un ruolo determinante sia sul potenziale contenimento che sui ritardi nei soccorsi”.