AGI - Sì all'accesso agli atti, richiesto dall'avvocato Andrea Mascetti, in relazione a un servizio trasmesso dalla trasmissione 'Report'. E' quanto ha disposto, con una sentenza depositata venerdì 18 giugno, la terza sezione del Tar del Lazio, sottolineando che "l'accesso dovrà essere consentito unicamente agli atti effettivamente formati e detenuti dalla Rai". Una sentenza "gravissima e incostituzionale, con la quale si chiede di rivelare fonti giornalistiche", tuona il giornalista, conduttore di 'Report', Sigfrido Ranucci.
E intanto la Rai ha fatto sapere che si attiverà in ogni sede per garantire ai propri giornalisti il pieno esercizio della libertà d'informazione e la tutela delle fonti. "In riferimento alla sentenza del Tar del Lazio su Report - si legge in una nota - la Rai annuncia di aver conferito mandato per impugnare davanti al Consiglio di Stato la decisione con la quale l'attivita' giornalistica, ove svolta dal servizio pubblico, è stata inopinatamente assimilata a un procedimento amministrativo".
La decisione
I giudici amministrativi hanno accolto parzialmente il ricorso presentato da Mascetti lo scorso gennaio, nel quale l'avvocato rilevava di aver proposto istanza di accesso (documentale e civico) alla Rai: secondo il ricorrente, nel contesto del servizio in questione sarebbero state riportate "notizie false e fuorvianti" e, per questo, aveva chiesto "l'ostensione del materiale informativo necessario per poter promuovere iniziative a tutela del suo buon nome dinanzi alle competenti Autorità giudiziarie e amministrative", mentre la Rai, si rilevava nel ricorso, aveva opposto "diniego integrale all'istanza di accesso avanzata".
I giudici del Tar, nella loro pronuncia, ricordano che "il servizio d'inchiesta giornalistica trasmesso, nel cui ambito è stata fornita la rappresentazione di circostanze asseritamente riguardanti l'attività professionale del ricorrente, aveva a oggetto la gestione dei fondi regionali e la complessa rete di rapporti che vedrebbero coinvolti l'amministrazione locale e i professionisti attivi sul territorio della Regione Lombardia e che in tale contesto la persona del ricorrente veniva indicata come professionista di riferimento per le attività di consulenza e per altri incarichi affidati dalla Regione e da alcune amministrazioni comunali ovvero da altri enti pubblici a carattere locale".
Le osservazioni dei giudici amministrativi
La "deduzione del ricorrente sul punto - osservano i giudici amministrativi - è di essere stato oggetto, nel corso del servizio mandato in onda, di una rappresentazione connotata in senso negativo fondata su informazioni false e fuorvianti, in quanto sarebbe stato indicato come riferimento soggettivo di un intreccio di rapporti quantomeno opachi, lamentando la conseguente grave lesione dell'immagine e della reputazione del ricorrente stesso, nonchè del suo studio legale" e nella "prospettiva delineata - si legge nella sentenza depositata ieri - va ritenuta suscettibile di ostensione nel caso in esame la documentazione connessa all'attività preparatoria di acquisizione e di raccolta di informazioni riguardanti le prestazioni di carattere professionale svolte dal ricorrente in favore di soggetti pubblici, confluite nell'elaborazione del contenuto del servizio d'inchiesta giornalistica mandato in onda, nello specifico avente ad oggetto la rete di rapporti di consulenza professionale instaurati su incarico di enti territoriali e locali".
La documentazione, spiega ancora il Tar, "risulta costituita, in particolare, dalle richieste informative rivolte in via scritta dalla redazione del programma ad enti di natura pubblica in merito all'eventuale conferimento d'incarichi ovvero di consulenze in favore di parte ricorrente, unitamente ai riscontri forniti dai suddetti enti, in quanto rientranti nel novero dei documenti e degli atti formati ovvero detenuti da una pubblica amministrazione o da un privato gestore di un pubblico servizio" e la "delimitazione in siffatti termini della documentazione ostensibile, coinvolgendo l'interlocuzione intercorsa con soggetti di natura pubblica, rende priva di rilievo nel caso concreto la prospettazione difensiva articolata dalla società resistente circa la prevalenza che dovrebbe riconoscersi al segreto giornalistico sulle 'fontì informative per sostenere l'esclusione ovvero la limitazione dell'accesso nel caso di specie".
Ranucci: "Sentenza gravissima"
Una sentenza "gravissima e incostituzionale, con la quale si chiede di rivelare fonti giornalistiche", dichiara Ranucci, definisce, interpellato dall'AGI, quella depositata ieri dal Tar del Lazio, che dispone l'accesso agli atti richiesto dall'avvocato Andrea Mascetti in relazione a un servizio andato in onda nei mesi scorsi all'interno del programma Rai.
"Cosa deve fare Mascetti con quegli atti? Vuole sapere chi ci ha rivelato le sue consulenze? Deve venire l'esercito a prendere gli atti riguardanti le nostre fonti, noi non li daremo mai, tuteleremo le fonti fino alla morte". Ranucci, inoltre, si domanda: "Se dovesse passare il principio espresso dal Tar, quale fonte si affiderebbe più a Report o a un altro giornalista del servizio pubblico? Sono sicuro - aggiunge - che la Rai impugnerà questa sentenza, perché l'esercizio dell'attività giornalistica è nella 'mission' del contratto di servizio e perché la Rai, nonostante gli attacchi, è un luogo di libertà".
Il conduttore di Report rileva quindi che "anche l'ostensione degli atti riguardanti una semplice trasferta comunque porterebbe a rintracciare le fonti e, dunque, anche questo non è consentito. Siamo invece disponibili a rendere ostensibile la lettera che abbiamo mandato a Mascetti nella quale gli chiedevamo conto delle sue consulenze e se fosse vero che avesse un ruolo occulto all'interno della Lega. Lui ha smentito - conclude Ranucci - ma ciò che abbiamo mostrato nel nostro servizio testimonia il contrario".