AGI - È quasi impossibile reinfettarsi col Covid per chi è già entrato in contatto col virus ma almeno una dose di vaccino resta necessaria per queste persone.
Sono le conclusioni di una ricerca lombarda che ha ottenuto il proscenio di una delle riviste scientifiche più quotate, l’americana Jama Internal Medicine, confermando e ‘allargando’ gli esiti raggiunti da gruppi di studio americani e inglesi che si erano concentrati sui lavoratori in ambito sanitario sottoposti a test sierologici per verificare se fossero entrati in contatto o meno con la malattia.
“Quello condotto da noi è uno tra i primi studi sulla popolazione generale – spiega all’AGI Nicola Mumoli, tra gli autori della pubblicazione assieme ad altri colleghi dell’azienda socio sanitaria Ovest Milanese a cui fanno capo gli ospedali di Legnano, Cuggiono, Magenta e Abbiategrasso- e riguarda l’area di Milano nord ovest che ha un bacino di mezzo milione di abitanti”.
Numeri imponenti quelli messi in campo, con 122mila tamponi molecolari e due gruppi di pazienti con un'età media di 59 anni: uno di positivi al tampone e l’altro di negativi, tenendo presente che per l’Oms lo sei quando viene attestata una doppia negatività.
Sono stati seguiti dalla fine del febbraio 2020 alla fine dello stesso anno, ciascuno per una media di otto mesi (non tutti i tamponi, ovviamente, sono stati eseguiti nello stesso momento). L’analisi, dice il primario di medicina interna a Magenta e Abbiategrasso, “dimostra che chi ha già avuto il Covid ha 15 volte meno probabilità di ammalarsi rispetto a chi non l’ha avuto”. Solo 5 tra i pazienti coinvolti è risultato di nuovo positivo, solo uno è finito in ospedale. Dunque, “chi è entrato in contatto col virus ha un’immunità naturale che perdura di sicuro per almeno otto mesi, l’arco di tempo dello studio, ma probabilmente anche per un anno”.
Non è escluso, ma è tutto da verificare in futuro, che chi ha già avuto il Covid goda della cosiddetta ‘immunità stazionaria’ come accade per esempio per il morbillo: preso una volta, poi non lo si riprende mai più. Si potrebbe concludere che chi ha l’immunità naturale potrebbe non vaccinarsi. Invece non è così, sostiene Mumoli che nel febbraio di quest’anno annunciò di essere disposto a cedere la sua dose di vaccino in un periodo in cui le dosi erano limitate ritenendosi più al riparo di altri dal rischio di reinfezione, almeno per un periodo di 6 -8 mesi.
Per capire perché sia necessario il vaccino, occorre un breve ripasso di storia.
“Per avere l’immunità di gregge occorre che almeno il 70-80% della popolazione si ammali, un prezzo da pagare altissimo per l’immunità perché si conterebbero tanti morti. In questo momento sono 5 milioni gli italiani che hanno preso il Covid, saremmo lontanissima dall’immunità di gregge seguendo questa via. Pensiamo al vaiolo che fu debellato solo attraverso l’immunità artificiale. Il vaccino consente di liberarsi molto più velocemente del virus. Ecco perché è doveroso che chi ha già fatto il Covid si sottoponga all’iniezione entro sei mesi aggiungendo all’immunità naturale quella artificiale del vaccino che rafforza ancora di più il sistema immunitario”. Questo anche perché resta l'incognita delle varianti. Nello studio è compresa solo quella 'inglese'.
A questo proposito, Mumoli mette in guardia anche dallo “stress” della ricerca degli anticorpi dopo il Covid e dopo il vaccino. Il fatto che diminuiscano o siano pochi non significa che non si sia immuni dal momento che resta la ‘memoria’ nel sistema immunitario".
In futuro sono previsti studi finalizzati a capire se la stessa 'super protezione' garantita dall'immunità naturale derivi anche dai vaccini.