AGI – “Ha indicato le generalità nelle quali si riconosce ed è riconosciuto nell’ambiente sociale di riferimento”. Per questo il giudice del Tribunale di Milano, Paolo Salvatore, ha assolto ‘perché il fatto non sussiste’ Luis Miguel Alvarez Lezcano, 30 anni, paraguaiano, dall’accusa di falsa attestazione a un pubblico ufficiale sulla propria identità di genere perché, fermato per un controllo durante il primo lockdown, aveva detto ai carabinieri di chiamarsi Pamela.
Il 24 marzo del 2020, si legge nelle motivazioni della sentenza lette dall’AGI, Alvarez, “il cui aspetto è indubbiamente femminile", era uscito per comprare delle medicine al fidanzato. Fermato dai carabinieri, “aveva fornito le generalità con cui, da 15 anni circa, è solito farsi chiamare nel contesto delle relazioni sociali”.
Le motivazioni
Indicazioni, scrive il giudice, “obiettivamente non veritiere” ma che non costituiscono reato. Questo perché, pochi minuti dopo avere reso le sue generalità, “ha confessato di essere una ‘ragazza trans’” e poi, osserva il magistrato, “è da ritenere che, nel declinare le false generalità è mancata anche la coscienza e volontà” di mentire “dal momento che aveva in tal modo inteso indicare le generalità nelle quali (per ragioni di identità di genere) si riconosce ed è riconosciuto nell’ambiente sociale di riferimento. Assenza di dolo ancora più evidente solo che si pensi alla pressoché immediata messa a parte degli operanti del fatto di essere un transessuale”.
La "sensibilità" della trans
“Durante l’udienza – spiega Debora Piazza, legale di Alvarez – il giudice ha mostrato grande sensibilità dicendo alla mia assistita che, se le faceva piacere, le avrebbe posto le domande come se fosse stata una donna e lei si è sentita subito a suo agio spiegando di sentirsi da sempre, fin da piccola, imprigionata in un corpo che non è il suo. Sta aspettando il permesso di soggiorno per poi finalmente operarsi e concludere il percorso di transizione”.