AGI - Poche decine di metri più in giù, sul lungolago, Verbania si prepara a vivere la festa della partenza della tappa del Giro d'Italia. In via Castelli, dove già cominciano a fare capolino le prime troupe televisive, il gip del tribunale di Verbania, Donatella Banci Bonamici, varcherà la soglia della casa circondariale: è il giorno dell'interrogatorio di garanzia delle tre persone (Luigi Nerini, proprietario di Ferrovie del Mottarone; il direttore dell'esercizio Enrico Perocchio e il capo servizio Gabriele Tadini) che la procura della Repubblica considera a vario titolo responsabili del tragico schianto che domenica è costato la vita a 14 persone
Un passaggio cruciale dell'inchiesta che il procuratore Olimpia Bossi ha finora condotto con polso fermo e idee chiare e che in poche ore ha cominciato a dare risposte ai tanti interrogativi che si agitano dentro questo dramma. Intanto anche ieri il lavoro degli inquirenti è proseguito senza sosta.
Per tutto il pomeriggio i carabinieri hanno sentito i dipendenti della società di gestione: la dottoressa Bossi lo ha ripetuto in più occasioni: se è vero che le famose 'forchette' - i dispositivi che bloccano l'entrata in funzione dei freni di emergenza - sono state utilizzate ripetutamente dalla fine di aprile per bypassare un malfunzionamento della cabina, tanti tra gli operatori che si sono alternati a far funzionare la funivia avrebbero potuto sapere.
E all'accertamento delle altre eventuali responsabilità si lavora negli uffici della procura, affacciati sulla spianata di asfalto del grande parcheggio di un centro commerciale. Da capire fino in fondo anche le posizioni dei tre in carcere: quali sono i livelli di responsabilità? Sono identici per tutti? Tutti temi sui quali le difese, pur nella grande riservatezza, hanno cominciato a lasciare intravedere alcuni distinguo.
Parallelamente si stanno approfondendo gli aspetti tecnici, per rispondere ad una ulteriore domanda cruciale: perché il cavo trainante si è spezzato? Su questo la procura si aspetta risposte notizie dal perito, il professor Giorgio Chiandussi del Politecnico di Torino, al lavoro sul campo da 48 ore.
L'interrogatorio di questa mattina è uno snodo essenziale per il prosieguo dell'indagine. Lo sanno molto bene i difensori degli indagati che ieri hanno fatto la spola tra la procura e il carcere, e che oggi torneranno qui, svelando davanti al gip la loro strategia processuale. Impossibile immaginare i tempi dell'interrogatorio, che comunque non sarà breve.