AGI - Il futuro sarà dei vini “dealcolati”? Probabilmente. Per l’Unione Europea dovrebbe essere così già da ora, stando alla bozza di un Regolamento comunitario – il n. 1308/2013 – che è attualmente in discussione a Bruxelles tra Commissione-Parlamento-Consiglio, e che prevede di autorizzare nell’ambito delle pratiche enologiche l’eliminazione totale o parziale dell’alcol.
In verità l’Europa starebbe tentando solo di rendere armonica una pratica che è già stata adottata in alcuni Paesi dell’Unione, come Spagna e Germania per esempio, mentre in Italia un prodotto per poter essere chiamato “vino” deve presentare una gradazione alcolica di almeno 9 gradi.
Il punto è che l’introduzione di questi prodotti all’interno dell’Ocm (Organizzazione comune di mercato) era già presente nella prima proposta della Commissione Europea di giugno 2018, dove all'articolo 193 dello stesso regolamento facevano la loro comparsa proprio i termini “vino dealcolato” (tasso alcolometrico non superiore a 0,5% vol.) e “vino parzialmente dealcolato” (tasso alcolometrico compreso tra 0.5% e il limite stabilito per Paese, che in Italia è circa il 9%, appunto).
La fase in cui si trova ora la discussione europea è quella secondo cui con la nuova (Pac Politica agricola comune) deve prendere la decisione se inserire o meno questi prodotti all’interno del comparto vino. In Italia, ovviamente il mondo vitivinicolo su questo si è spaccato verticalmente: da una parte s’è gridato allo scandalo parlando di “annacquamento del vino”, dall’altra c’è chi vi intravede invece delle nuove opportunità.
Però, oramai, la decisione è alle porte e sarà presa alla conclusione degli incontri, fissata per il 26 maggio.
Però vanno fatti dei distinguo. Perché il testo Ue originario chiarisce anche che per quanto riguarda Dop e Igp, sarà consentita solo una dealcolizzazione parziale, dimodoché le cosiddette “pratiche di dealcolizzazione totale” rimarrebbero appannaggio esclusivamente dei vini da tavola
Cosa significa nello specifico? Che si sta tentando un compromesso per trovare una sintesi tra il parlamento che aveva detto di no alla dealcolizzaiozione totale per le Dop e la Commissione che, invece, avrebbe voluto estendere la pratica anche a questa tipologia.
Pertanto, la soluzione che sarebbe stata trovata prevede che vengano stabiliti dei requisiti di etichettatura obbligatoria in cui tali prodotti saranno di certo chiamati “vini”, ma con la specifica di “dealcolati” o “parzialmente dealcolati” e - chiaramente - con gradazione alcolica ben in evidenza. Il procedimento è sempre quello classico del vino: si arriva alla normale fermentazione per poi estrarre la parte alcolica.
Per una questione salutistica e rivolgendosi soprattutto a chi gli alcolici non può berli. Oltre alla Spagna, i vini dealcolati vanno molto nel Nord Europa e nei Paesi asiatici, con la Cina in ascesa.
E allora, perché mai s’è gridato all’annacquamento? Polemica strumentale ed estremista? O semplice spauracchio?
Il punto è che nel processo normale di dealcolizzazione l’acqua viene effettivamente estratta per essere reintegrata successivamente.
Ma nella realtà “tutte le pratiche enologiche autorizzate escludono l'aggiunta di acqua, tranne dove richiesto per una specifica necessità tecnica o, nel caso di prodotti vitivinicoli che, a causa del processo di dealcolizzazione subiscono una perdita di acqua” e indicata nel testo della commissione come “restitution of water”, ovvero “reintegrazione di acqua”.
Cosicché ha spiegato il portavoce della Commissione Balazs Ujvari: “La Commissione Europea non ha mai proposto di annacquare il vino, ma semplicemente di modificare il quadro giuridico Ue per consentire lo sviluppo dei vini dealcolati, cioè con un tenore alcolico minore rispetto al vino propriamente detto, prodotti per cui si riscontra una domanda crescente e che potrebbero costituire un'opportunità interessante per il settore”.