AGI - La crisi migratoria scoppiata tra la Spagna e il Marocco, dopo gli 8 mila arrivi record in un giorno nell'enclave spagnola di Ceuta, in Nord Africa, mette nuovamente l'Europa di fronte alla sfida della gestione di flussi in aumento da inizio anno. Nei primi 4 mesi del 2021, oltre 36 mila migranti hanno raggiunto l'Europa, transitando per diverse rotte ai confini esterni del vecchio continente, un aumento del 30% rispetto allo stesso periodo del 2020, quando la nascente pandemia di Covid-19 ha fortemente ridotto i viaggi.
Una crisi da gestire su più fronti, le rotte dei flussi verso l'Ue: quella del Mediterraneo occidentale, del Mediterraneo centrale, dei Balcani, del Mediterraneo orientale e dei confini orientali.
Mediterraneo occidentale
È la rotta sotto pressione in questi giorni, che parte del Marocco e arriva in Spagna, sia via terra che via mare. Dal 2018 è quella più utilizzata dai migranti per raggiungere il vecchio continente: negli anni recenti, gli arrivi sono raddoppiati per due anni consecutivi, da 23 mila nel 2017 al picco di oltre 57 mila l'anno successivo.
È anche la via principale utilizzata dalle reti criminali per il contrabbando di droga in Europa. Sull'altra sponda del Mediterraneo, il punto di partenza principale dei migranti irregolari è il Marocco, la regione del Rif, che poi viaggiano lungo rotte sia terrestri che marittime.
La nazionalità marocchina è quella numericamente più importante ma arrivano anche cittadini provenienti essenzialmente dalla Repubblica di Guinea, dal Mali e dall'Algeria. Tra loro, secondo l'agenzia Frontex, c'è almeno un 9% di minorenni.
All'arrivo in territorio spagnolo, controlli vengono effettuati al confine terrestre di Ceuta e Melilla, dove è stata costruita una recinzione che spesso viene scavalcata. La rotta marittima collega le coste del Marocco e dell'Algeria a quelle meridionali della Spagna. Per effettuare la traversata, la maggior parte dei migranti opta per pericolosi piccoli gommoni, regolarmente fermati dai controlli nello Stretto di Gibilterra.
Mediterraneo centrale
La rotta del Mediterraneo centrale è quella che coinvolge direttamente l'Italia, in particolare la Sicilia, e vede i migranti partire prima dalla Libia, ora maggiormente dalla Tunisia. È stata quella maggiormente utilizzata fino all'estate 2017, conseguenza diretta degli accordi migratori siglati tra l'Ue e la Turchia (nel marzo 2016) e poi tra Italia e Libia, che ha portato a un calo drastico degli arrivi.
Nel 2018 il loro numero è drasticamente crollato - dell'80% - per un totale di 23.485 sbarchi (contro 119 mila l'anno precedente e 181 mila nel 2017), il dato più basso dal 2012. Come punto di partenza, la Libia è stata sostituita dalla Tunisia, con una diminuzione dell'87% dei viaggi cominciati in terra libica e del 50% dall'Algeria.
Un terzo dei migranti che percorre la rotta del Mediterraneo centrale è originario di Tunisia ed Eritrea, persone costrette a rivolgersi a reti di contrabbando ben consolidate per effettuare la traversata del Mediterraneo spesso su pericolosi barchini.
Balcani
La rotta dei Balcani occidentali è stata quella maggiormente frequentata - nel 2015 anno record degli arrivi, in tutto oltre 764 mila - come conseguenza diretta della pressione migratoria ai confini del Mediterraneo orientale. La maggior parte dei migranti che ha cercato e cerca di raggiungere l'Europa attraverso la rotta balcanica proviene per lo più da Afghanistan, Pakistan, Iraq e Siria.
Nel 2018 il loro numero è crollato a soli 5.869, contro 12.179 l'anno precedente e oltre 130 mila nel 2016. Per entrare questi migranti stranieri hanno prima attraversato i confini meridionali con la Grecia e la Bulgaria, per poi dirigersi a Nord e tentare di uscire dalla regione, ai confini comuni settentrionali di Ungheria, Croazia o Romania con la Serbia.
Il maggior numero di attraversamenti illegali delle frontiere di migranti regionali - ovvero quelli associati alla migrazione circolare albanese in Grecia - si è invece verificato ai confini terrestri comuni tra la Grecia, l'Albania e l'ex Repubblica jugoslava di Macedonia.
Mediterraneo orientale
La rotta del Mediterraneo orientale è stata utilizzata per molti anni come principale via di ingresso in Europa: ha visto la più grande ondata migratoria del continente dalla Seconda guerra mondiale. Nel 2015 circa 885 mila migranti l'hanno utilizzata per raggiungere l'Ue. Da allora il numero di arrivi irregolari è precipitato a seguito dell'attuazione dell'intesa Ue-Turchia del 2016.
Quella siriana è la nazionalità più comunemente rilevata, seguita da afghani e iracheni. Il numero di migranti turchi registrati è più che triplicato nel 2018 con 7.918 arrivi, diventando così la quarta nazionalità più presente su questa rotta. In passato è stato segnalato un gran numero di cittadini in fuga dalla Somalia.
Nel 2018, la rotta del Mediterraneo orientale ha registrato 56.561 attraversamenti illegali delle frontiere. La pressione è stata superiore del 34% rispetto all'anno precedente a causa dell'aumento degli attraversamenti terrestri dalla Turchia alla Grecia. Via mare vengono invece raggiunte le isole della Grecia nell'Egeo orientale, nuovo epicentro della crisi migratoria sulla rotta del Mediterraneo orientale: alcune isole ospitano diversi campi, in particolare Lesbo, Kos, Samo, Lero e Chio.
Confini orientali dell'Ue
Una quota, seppur minima (non più di 2 mila persone), della migrazione irregolare verso l'Ue giunge dalle frontiere orientali. Un confine terrestre molto difficile da controllare, lungo 6 mila chilometri tra Bielorussia, Moldavia, Ucraina, Federazione russa e i suoi Stati membri orientali (Estonia, Finlandia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Norvegia, Polonia, Slovacchia, Bulgaria e Romania).
La sfida più grande su questa rotta è il contrabbando di prodotti come sigarette, alcol e carburante, nonché automobili rubate. Nel complesso, l'entità della migrazione irregolare a tutte le frontiere orientali è molto inferiore rispetto a qualsiasi altra rotta migratoria verso l'Ue e ammonta a una frazione di percentuale del totale.