AGI – Il tono è quello di chi sa di non essere più isolato: la Chiesa italiana ha preso coscienza di non essere l’unica a nutrire perplessità sulla legge sull’omofobia che è all’esame del Senato. Alcune forze politiche vorrebbero approvarla così com’è e altre invece cancellarla senz’appello. Né l’una, né l’altra cosa: il presidente della Cei, Gualtiero Bassetti, assicura che nessuno vuole l’affossamento, quanto semmai la correzione e la modifica.
Detta così, è qualcosa di meno e qualcosa di più rispetto alle richieste precedenti, avanzate sulla base di una profonda preoccupazione, quella che nel nome della lotta ad una intolleranza di intolleranze se ne introducessero di nuove.
Il prelato parla in concomitanza con la messa celebrata con gli operatori dell’informazione, i giornalisti, quelli che sulla libertà di espressione devono fare particolare affidamento.
In tempi di covid, la lezione della pericolosità delle fake news è qualcosa di evidente. Anzi, Bassetti non manca di ricordare che lui stesso il coronavirus l’ha avuto, e ringrazia per come è stato riferito sui media della sua degenza. Trattato come “un uomo, prima di un prelato”, sintetizza a significare che dietro ogni notizia c’è una storia, ma dietro ogni storia c’è una persona. E noi, ricorda, “siamo per i diritti di tutte le persone”.
Ora, la frase si presta all’apertura di una parentesi esegetica, perché diritti dell’individuo e diritti della persona umana (espressione cara al personalismo) sono due cose diverse, soprattutto dalle parti della Chiesa. Per intenderci: i primi sono quelli del soggetto unico, avulso da ciò che gli sta attorno; i secondi vedono il singolo come parte di un tutto. Quindi diritti e anche doveri. L’individuo, invece, vuole solo i primi.
In breve: i diritti di tutti sono, nell’ottica della Chiesa, di tutti: del singolo individuo, sì, ma visto anche nelle sue relazioni con i propri simili. Chiusa la parentesi esegetica.
Qualcosa è cambiato
Il disegno di legge Zan viene percepito, insomma, come potenzialmente individualistico nei suoi effetti, anche se parte da una giusta esigenza quale quella di evitare discriminazioni e bloccare l’odio.
Altre volte questa posizione della Chiesa è risultata minoritaria nel Paese. Oggi, però, un elemento di novità si è registrato nel dibattito: le perplessità sollevate sul provvedimento da settori della società e della sinistra che certo non possono essere considerati vicini al mondo cattolico. Più che una comunanza di vedute tra queste realtà, comunque, si deve parlare di comune dissonanza sul merito del testo Zan. Infatti non ci sono alleanze riguardo i contenuti da modificare quanto piuttosto una condivisa insoddisfazione per i suoi assunti.
Quanto basta però per far sì che il Cardinal Bassetti, protagonista di una campagna di scarsa riuscita sulle scuole paritarie appena un anno fa, ora chieda un ripensamento, e lo faccia non pretendendo l’accantonamento del disegno di legge, ma la sua revisione. Anzi, assicurando che nessuno ne vuole la fine in un cassetto, o addirittura nel cestino.
Il successo, se così avvenisse, per la Chiesa sarebbe doppio. Primo perché la riapertura del dibattito sul provvedimento, evidentemente, permetterebbe di rivedere i punti da essa considerati più rischiosi in termini di libertà di espressione. Poi – ed il particolare non è da poco – le consentirebbe di smarcarsi dall’abbraccio mortale del bipolarismo politico italiano.
In fondo è meglio così
Dalle parti di Piazza Carpegna, infatti, non sono certo entusiasti dai ripetuti e caldi inviti dei vertici del Pd (e del suo segretario, il cattolico Enrico Letta) a votare subito il testo così com’è. Un atteggiamento comune anche tra i grillini, in un momento in cui proprio il Pd apre all’M5S in vista delle ancora lontane elezioni politiche.
Sull’altro versante, poi, dal punto di vista della Cei le cose sono ugualmente poco rassicuranti. La destra di Meloni e Salvini si è schierata contro il ddl Zan nel nome dei valori della Tradizione e della difesa della Chiesa, ma quest’ultima ha diverse volte trovato soffocante tanto entusiasmo. Anche perché in passato Salvini, con la sua campagna di rosari baciati e giuramenti sul vangelo, le ha dato l’impressione di volersi quasi sostituire ad essa, più che difenderla.
Oltre a ciò si trova poco coerente, tutto questo richiamo ai principi del cattolicesimo, con le politiche antimigratorie che il leader leghista e la leader di Fratelli d’Italia continuano a propugnare di fronte alla ripresa del fenomeno degli sbarchi.
Le perplessità di tanta parte del mondo femminista, insomma, rischiamo di rimettere in moto meccanismi che risultavano ingrippati da tempo. Quelli, cioè, che regolano una presenza cattolica che sia avulsa dal semplice collateralismo ad uno dei due schieramenti. Qualcuno potrebbe scoprire che essere terzi rispetto a destra e sinistra, in fin dei conti, conviene.