AGI - Rosario Livatino è beato. Il cardinale Marcello Semeraro, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, alla presenza di vescovi e sacerdoti provenienti dalle varie diocesi, ha dato lettura della disposizione di Papa Francesco: "Accogliendo il desiderio del cardinale Francesco Montenegro, e di molti altri fratelli nell'episcopato e di molti fedeli, concediamo che il venerabile Rosario Livatino, laico e martire che nel servizi della giustizia fu testimone credibile del Vangelo, d'ora in poi possa chiamarsi beato".
Mostrata la reliquia
La festa sarà celebrata ogni 29 ottobre. Un applauso nel duomo ha accolto queste parole. Mostrata la reliquia del nuovo beato, una camicia intrisa di sangue, che rimanda all'agguato mafioso, la mattina del 21 settembre 1990, mentre viaggiava senza scorta con la sua Ford Fiesta da Canicattì al Tribunale di Agrigento.
La reliquia del nuovo Beato è stata portata processionalmente, collocata nei pressi dell'altare e adornata di ceri e di fiori. Il cardinale ha incensato e venerato la reliquia. Intanto il coro e l'assemblea hanno intonato il canto inno al beato Rosario Angelo Livatino "Sub Tutela dei", motto del magistrato.
"La Chiesa che è in Agrigento - ha poi affermato il cardinale Montenegro - devotamente grata e riconoscente al Successore dell'Apostolo Pietro, Papa Francesco, rende grazie al Padre di Gesù Cristo e Padre nostro, al Dio tre volte santo ed innalza l’inno di lode per aver proclamato Beato il Venerabile Servo di Dio Rosario Angelo Livatino".
A seguire la Liturgia della Parola del giorno con il Vangelo di Giovanni: "In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri".
Le parole del Papa
Così Francesco al termine del Regina Caeli: "Nel suo servizio alla collettiva come giudice integerrimo che non si è lasciato mai corrompere, si è sforzato di giudicare non per condannare ma per redimere. Il suo lavoro lo poneva sempre sotto la tutela di Dio, per questo è diventato testimone del Vangelo, fino alla morte eroica. Il suo esempio sia per tutti, specialmente per i magistrati, stimolo a essere leali difensori della legalità e della liberta'"
La storia di Livatino
In precedenza era stata data lettura di un profilo biografico. "Primo e unico figlio di Vincenzo Livatino e Rosalia Corbo, Rosario Angelo Livatino nacque a Canicattì, Provincia e Arcidiocesi di Agrigento, il 3 ottobre 1952 e fu portato al fonte battesimale il 7 dicembre successivo nella locale chiesa parrocchiale di San Pancrazio. Terminati gli studi ginnasia liliceali dal 1958 al 1971, si iscrisse alla Facoltà di Giurisprudenza presso l’Università di Palermo, dove il 9 luglio 1975 conseguì la Laurea con il massimo dei voti.
Sulla tesi scrisse il suo motto: “Sub tutela Dei”. Superato il concorso per entrare in Magistratura, fu impiegato presso l’Ufficio del Registro di Agrigento. Dal 18 luglio 1978 lo troviamo attivo per il tirocinio presso il Tribunale di Caltanissetta. Il 24 settembre 1979 gli vennero conferiti gli impegni giurisdizionali con l’immissione in ruolo e con l’incarico di Uditore giudiziario con funzioni di Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Agrigento.
Il 21 agosto 1989 gli fu affidato l’incarico di Giudice della sezione penale presso lo stesso Tribunale di Agrigento, che egli svolse per poco più di un anno. La mattina del 21 settembre 1990, infatti, mentre si recava senza scorta con la sua Ford Fiesta da Canicattì al Tribunale di Agrigento, cadde per mano di un commando di killer mafiosi, agli ordini delle Stiddedi Canicattì e Palma di Montechiaro, di Cosa Nostra, e che odiavano la sua fede e la sua integrità nell’esercizio della giustizia".
Il ricordo di Pietro Grasso
"Abbiamo bisogno di simboli come Rosario Livatino, la sua dedizione e professionalità devono rappresentare un esempio in un momento molto difficile e complesso per la magistratura". Lo ha detto Pietro Grasso, ex presidente del Senato ed ex procuratore di Palermo e della procura nazionale antimafia, in Cattedrale, ad Agrigento.
"Ho un ricordo personale che mi lega a lui e rappresenta una ferita. Tanti anni fa – aggiunge Grasso – sono venuto ad Agrigento con la commissione parlamentare antimafia di cui ero consulente. Rosario lavorava nella sezione misure di prevenzione".
L'aggressione dei patrimoni sua grande intuizione? "Fin dai tempi di La Torre – risponde Grasso – si è seguita questa strada che lui, come pure Falcone, hanno sposato in pieno. La nostra legislazione in materia è fra le più complete del mondo, servono solo strumenti per migliorarla e, soprattutto, celerità nella giustizia"