AGI – E’ un’indagine ormai a tutto campo sulla gestione dell’emergenza della pandemia Covid, quella dei magistrati di Bergamo, nata in sordina nell’aprile del 2020. All’inizio, come ha raccontato il procuratore aggiunto Maria Cristina Rota in una recente intervista, il lavoro dei magistrati era circoscritto alla mancata chiusura dell’ospedale di Alzano Lombardo, poi si è ampliato “e adesso ruota attorno a due filoni: la zona rossa e il piano pandemico nazionale che non era stato aggiornato”.
In questi mesi il pool bergamasco coordinato da Rota ha raccolto varie testimonianze, da quelle del presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana, al ministro della Salute Roberto Speranza, al direttore dell’Iss Silvio Brusaferro, l’ex ministro Beatrice Lorenzin, fino all’allora presidente del Consiglio, Giuseppe Conte.
Un percorso che infine ha portato a sentire nel novembre scorso anche il direttore aggiunto dell’Oms, l’Organizzazione mondiale della sanità, Ranieri Guerra, che proprio pochi giorni fa è risultato indagato per ‘false informazioni ai pm’, sul piano pandemico e sul rapporto preparato nella sede di Venezia dell'Oms relativo alla gestione italiana della pandemia. Guerra è ex direttore generale della prevenzione al Ministero della Salute.
Il mancato aggiornamento del Piano vaccinale
Un aspetto dell'inchiesta riguarda il mancato aggiornamento del Piano pandemico, fermo al 2006. L'ex funzionario dell'Oms Francesco Zambon, che si e' dimesso pochi giorni dalla sede di Venezia, ha denunciato di avere subito delle pressioni attraverso delle mail agli atti dell'inchiesta da Guerra, nelle vesti di direttore aggiunto, per postdatare il Piano facendolo cosi' sembrare aggiornato al 2016 nell'ambito di un rapporto pubblicato per sole 24 ore sul sito dell'Oms, e poi scomparso, sulle falle del sistema italiano
Un'altra affermazione falsa, secondo i pm, e' quella "di avere lasciato tra le varie comunicazioni al ministro, prima di concludere il mio incarico di direttore generale (nel 2017, ndr), una comunicazione scritta con la quale evidenziavo che avevamo avuto conoscenza da Oms che sarebbero cambiate le classificazioni delle varie fasi di una pandemia. Cambiando la classificazione delle fasi ad opera dell'Oms vi era chiaramente necessita' di adeguare il piano del 2006 al mutato quadro complessivo". Invece, sostengono i pm, "la classificazione delle fasi era stata modificata dalle linee guida del 2013, poi confermate nel 2017".
Sul piano pandemico nazionale, Maria Cristina Rota afferma che quello italiano era del 2006: «Nel 2012 l’Ue e l’anno successivo l’Oms hanno invitato i singoli Stati ad aggiornarlo alla luce delle nuove linee guida emanate – ricapitola in un’intervista a un settimanale - l’Italia non l’ha fatto. Questo, però, non vuol dire che non fosse valido. Quello che avrà rilevanza per l’indagine è accertare se l’attuazione di quel piano, così com’era, era sufficiente a ridurre il numero dei morti».
Scarsa collaborazione
Quanto all’Oms, la pm lamenta la ‘mancata collaborazione’. «L’Oms non ha consentito al personale convocato di essere ascoltato dalla Procura di Bergamo come persone informate sui fatti affermando di godere dello status d’immunità diplomatica, né ha mai trasmesso le informazioni da noi richieste. Chiederemo una rogatoria sperando in una maggiore collaborazione da un organismo che tutti sappiamo essere neutrale fino a prova contraria».
Riguardo all’indagine, infine, “abbiamo chiesto la proroga di altri sei mesi al gip per poter andare avanti. Ricostruire tutto quello che è successo a 360 gradi non è semplice anche perché la mole di materiale, dai documenti acquisiti alle audizioni di persone informate sui fatti, è davvero enorme”.
La Procura ha tra l’altro incaricato il virologo Andrea Crisanti di una consulenza, incaricandolo di stendere una relazione, che sarà pronta tra maggio e giugno, per far luce sulla correlazione tra contagi e decessi nella bergamasca alla luce della mancata attuazione della zona rossa inizialmente prevista a marzo, ma mai attuata.