AGI - Condividere proprietà e beni "non è comunismo, è cristianesimo allo stato puro". Papa Francesco durante l'omelia della messa celebrata nella chiesa di Santo Spirito in Sassia, a Roma, per la Festa della Misericordia, riprendendo gli Atti degli Apostoli che raccontano che "nessuno considerava sua proprietà quello che gli apparteneva, ma fra loro tutto era in comune", ha lanciato un appello a non cedere all'indifferenza ma a vivere la condivisione.
No a una fede vissuta a metà, no all'indifferenza
"Non rimaniamo indifferenti" alle piaghe altrui, "non viviamo una fede a metà, che riceve ma non dà, che accoglie il dono ma non si fa dono", ha affermato il Pontefice. "Siamo stati misericordiati, diventiamo misericordiosi. Perché se l'amore finisce con noi stessi, la fede si prosciuga in un intimismo sterile. Senza gli altri diventa disincarnata. Senza le opere di misericordia muore", ha continuato esortando a chiedere "la grazia di diventare testimoni di misericordia" perché "solo così la fede sarà viva. E la vita sarà unificata".
I discepoli "misericordiati, diventano misericordiosi", ha spiegato Francesco riprendendo il passo del Vangelo in cui Gesù risorto appare ai discepoli più volte e si racconta l'episodio di Tommaso. "E' molto difficile essere misericordioso se uno non si accorge di essere misericordiato", ha precisato. I discepoli, ha proseguito Bergoglio, si sentivano "angosciati", erano "chiusi in casa per timore, per paura di essere arrestati" ed erano "chiusi anche nei loro rimorsi" perché "avevano abbandonato e rinnegato Gesù. Si sentivano incapaci, buoni a nulla, sbagliati".
Quei discepoli sfiduciati vengono rappacificati con sé stessi. "La pace di Gesù li fa passare dal rimorso alla missione. La pace di Gesù suscita infatti la missione. Non è tranquillità - ha sottolineato -, non è comodità, è uscire da sé. La pace di Gesù libera dalle chiusure che paralizzano, spezza le catene che tengono prigioniero il cuore. E i discepoli si sentono misericordiati: sentono che Dio non li condanna, non li umilia, ma crede in loro. Sì, crede in noi più di quanto noi crediamo in noi stessi".
Per Dio nessuno è sbagliato, inutile, escluso
"Per Dio - ha osservato il Pontefice - nessuno è sbagliato, nessuno inutile, nessuno escluso", tutti sono preziosi e insostituibili ai suoi occhi. Francesco poi ha ribadito l'importanza della misericordia, di "aprire il cuore per lasciarci perdonare". "Il nostro peccato" ci sta sempre dinanzi e "da soli non possiamo cancellarlo. Solo Dio lo elimina, solo Lui con la sua misericordia ci fa uscire dalle nostre miserie più profonde".
Quindi "al centro della Confessione non ci siamo noi con i nostri peccati, ma Dio con la sua misericordia. Non ci confessiamo per abbatterci - ha rimarcato -, ma per farci risollevare. Ne abbiamo tanto bisogno, tutti. Ne abbiamo bisogno come i bimbi piccoli, tutte le volte che cadono, hanno bisogno di essere rialzati dal papà. Anche noi cadiamo spesso. E la mano del Padre è pronta a rimetterci in piedi e a farci andare avanti. Questa mano sicura e affidabile è la Confessione. E' il Sacramento che ci rialza, che non ci lascia a terra a piangere sui pavimenti duri delle nostre cadute. E' il Sacramento della risurrezione, è misericordia pura".
I confessori devono far sentire la dolcezza della misericordia
E il Papa ha dunque invitato i confessori a "far sentire la dolcezza della misericordia di Gesù che perdona tutto. Dio perdona tutto". Tutto "nasce dalla grazia di essere misericordiati. Da qui comincia il cammino cristiano. Se invece ci basiamo sulle nostre capacità, sull'efficienza delle nostre strutture e dei nostri progetti, non andremo lontano. Solo se accogliamo l'amore di Dio potremo dare qualcosa di nuovo al mondo".
Presenti alla celebrazione eucaristica circa 80 persone: un gruppo di detenuti e di detenute dal carcere di Regina Caeli, Rebibbia femminile e Casal del Marmo di Roma, alcune Suore Ospedaliere della Misericordia, una rappresentanza di infermieri dell'Ospedale di S. Spirito in Sassia, alcune persone con disabilità, una famiglia di migranti dall'Argentina, dei giovani rifugiati provenienti da Siria, Nigeria ed Egitto, tra cui due persone egiziane appartenenti alla Chiesa copta e un volontario Caritas siriano appartenente alla Chiesa cattolica sira. E il Papa, prima di recitare il Regina Caeli, ha rivolto un "saluto particolare" ai presenti che rappresentano, ha detto, "alcune realtà nelle quali la misericordia si fa concreta, si fa vicinanza, servizio, attenzione alle persone in difficoltà".
Al termine della funzione, Papa Francesco ha salutato e benedetto alcuni disabili presenti in prima fila e si è fermato per salutare uno a uno tutti i partecipanti. Era da mesi che non accadeva. Il Pontefice ha stretto mani e si è fatto fotografare, scambiando con ognuno qualche parola. Alcuni dei presenti hanno baciato anche la mano di Francesco.