AGI - Sin da bambina aveva un sogno nel cassetto: quello di poter disputare il Palio di Siena in sella a un destriero. E a volte i desideri si avverano, tanto che non solo Rosanna Bonelli riesce a gareggiare negli anni ’50 del ‘900, ma in quel secolo agguanta anche un altro record: l’unica amazzone a correre in Piazza del Campo in tutto il 1900. E in parte, questo, lo si deve anche a un film.
Un traguardo ancora oggi difficile per tanti, viste le caratteristiche richieste: forza, capacità equestri non indifferenti, talento, concorrenza spietata, accompagnata da una fitta rete di ostacoli. Ma 'diavola' questo il soprannome che le affibbiarono, ci riuscì.
Ma la sua storia è a dir poco esemplare. La testardaggine, accompagnata da una straordinaria capacità tecnica, risultarono infatti gli ingredienti perfetti per conquistare la fiducia e il rispetto degli altri. Al punto che la contrada dell’Aquila la ingaggiò per il palio del 16 agosto, sfidando tutti i pregiudizi. Ma non è tutto. Alla ventitreenne Rosanna, come tradizione vuole ancora oggi per tutti i fantini che corrono la millenaria disputa, fu affibbiato anche il soprannome e, visto il carattere, sembrava tagliato su misura: diavola.
Nonostante le buone intenzioni, però, diavola non ebbè tanta fortuna. Al secondo giro cadde rovinosamente nella micidiale curva di San Martino, rischiando a fine corsa di essere anche malmenata dai contradaioli di un’altra contrada, quella della Torre, che l’accusarono di avere danneggiato, nella caduta la loro contrada.
Ma quella corsa, le sensazioni provate le sono rimaste impresse dentro, come un marchio e ancora oggi, a 87 anni, le racconta con molta emozione e voce argentina.
“Fu un’esperienza meravigliosa - racconta all’AGI, Rosanna Bonelli - quella di uscire dal cortile del Podestà del palazzo comunale a cavallo con la gente in piazza che urlava, incitava, batteva le mani, spingeva e cercava di toccare cavalieri e cavalli. Ad un certo punto, per una frazione di secondi, ho pensato che fosse solo un sogno, che niente fosse vero”.
Ricordo poi un silenzio ‘assordante’ della gente in attesa che il mossiere chiamasse le contrade una ad una per piazzarsi alla mossa, in attesa che il mossiere lasciasse cadere il canapo, quella grande corda che delimita l’area prima della partenza. Il cuore batteva a mille e l’adrenalina scorreva a fiumi. Minuti interminabili – racconta - ma avevo raggiunto lo scopo: correre.
“Il 1900 è stato il mio secolo, sono stata l’unica donna del palio. Negli anni duemila, almeno fino ad oggi, non ci sono stati che uomini. Sarà molto difficile che qualche donna fantino, per come è il palio di oggi, abbia qualche possibilità di misurarsi con fantini uomini, oggi fior di professionisti”.
Ma la sua avventura si deve certamente anche alle coincidenze.
L’esperienza di Rosanna Bonelli fantina nasce infatti dal film “la ragazza del palio”, attori: l’americana Diana Dors e Vittorio Gasmann, regista Luigi Zampa. Che aveva letto una storia scritta da Luigi Bonelli, padre di Rosanna su una ragazza, soprannominata Rompicollo, che voleva correre il palio. Una storia rappresentata anche in teatro piaciuta ai cineasti che avevano deciso di farne un film.
“Già da bambina – racconta Rosanna - andavo a cavallo e mi identificavo in Rompicollo, soprannome che avrei voluto quando ho corso il palio”.
Babbo Bonelli e Zampa erano amici e Rosanna riuscì ad assistere alle riprese. Magari sperando di poter montare a cavallo come comparsa. Destino volle che ne mancasse una e Rosanna riuscì a montare a cavallo e correre un palio simulato. Entrata nel giro delle comparse la ragazza fu scelta per fare da controfigura a Diana Dors, per un infortunio della titolare.
Rosanna ‘Rompicollo’ non aveva nascosto in quei giorni il suo desiderio di disputare il palio vero. I produttori del film capirono che se avesse corso davvero ne avrebbero ricavato un importante ritorno pubblicitario. L’idea fece discutere molto, ma finalmente l’occasione arrivò.
La contrada dell’Aquila accettò di ingaggiarla, non avendo l’urgenza necessità di vincere perché si era aggiudicata il palio del 2 luglio del 1956 e si affidò a Rosanna che iniziò la sua esperienza dalla quarta prova. “Gli altri fantini mi guardavano in silenzio. Mi parlavano poco, e quando lo facevano, mi davano del lei come io nei loro confronti. Qualcuno mi ha dato però anche qualche consiglio”.
La corsa di Diavola, questo soprannome che le affibbiarono per la corsa, terminò, come spesso accade agli esordienti, con la caduta alla curva di San Martino ma il suo sogno lo aveva realizzato. E da una vita se lo tiene stretto.
Quanto alle altre donne fantino, bisogna fare un lungo salto indietro nel tempo. Gli archivi delle contrade riportano che solo un’altra donna riuscì a correre, ma siamo a metà del ‘500.
Era il 15 agosto del 1581 quando una ragazza poco più che quattordicenne, Virginia Tacci partecipò ad un palio cosiddetto “ alla lunga” che invece di svolgersi in piazza del Campo con i canonici tre giri, si disputò secondo le regole del tempo, con i cavalli che correvano nelle strade del centro storico della città.
Virginia corse per la contrada del Drago ma, secondo quanto riportano gli storici, non ebbe fortuna perché arriverà solo terza ottenendo però giudizi favorevoli per il suo comportamento anche dalle autorità della città. Le cronache del tempo riportano che la vicenda venne vissuta dai senesi “quasi fosse un indizio di un mondo che va al rovescio”. Ma quel mondo fino al 1957 è rimasto riservato agli uomini.