AGI - Sono in molti ad inseguire la perfezione quando parliamo della Carbonara; un piatto allo stesso tempo semplice, composto da pochissimi elementi, eppure straordinariamente vario in quanto a risultato finale, che muta di ristorante in ristorante, di casa in casa.
Il 6 aprile come ogni anno si festeggia il Carbonara Day, una giornata in cui si celebra un piatto tipico della cucina romana cui origini, comunque, restano avvolte da un mistero, non si sa con precisione a quale tradizione o chef attribuire la geniale idea di mettere insieme uova e guanciale.
Un piatto che pretende una precisione scientifica affinché rispetti determinati canoni, canoni che rappresentano limiti invalicabili, che non permettono grandi voli pindarici, anche solo per rispettare le volontà del cliente che, quando chiede la Carbonara, pretende la Carbonara.
Anche per questo il primo romano è forse quello che più di tutti fa infuriare gli italiani quando degli spericolati chef stranieri mostrano fieri sui social le loro bizzarre varianti. Perché se il nostro popolo spesso chiude un occhio (spesso anche due) sugli attacchi a diversi aspetti della nostra cultura, sul cibo lasciateci proprio stare, non si passa, diventiamo talebani, irremovibili tradizionalisti, ci viene il tricolore negli occhi ed ogni errore è considerato un attacco violento a ciò che di più caro conserviamo nel nostro cuore come popolo.
Dura la vita di un ristoratore quando si parla di Carbonara, dunque ancor di più se hai scelto di esportare la nostra cucina fuori dai confini dello stivale; AGI allora ha deciso di contattare degli chef italiani che lavorano all’estero per farci raccontare la loro esperienza con la carbonara in terra straniera.
E parlando di tradizione non potevamo che partire dai fratelli Cerea, cui famiglia quest’anno compie 50 anni nel mondo della ristorazione con il loro “Da Vittorio”, tre stelle Michelin in quel di Brusaporto, provincia di Bergamo, che hanno deciso di esportare il marchio anche a Shangai e St. Moritz. “Tra colori e sfumature quantomeno ‘artistiche’ abbiamo assistito a storpiature inenarrabili in fatto di ricetta...” ci dicono. “Una volta la carbonara è stata servita addirittura non, come spesso succede, con la pancetta al posto del guanciale, ma addirittura con il prosciutto crudo!”.
Un’idea che fa male solo a pensarci per i veri amanti della Carbonara, che comunque possono sentirsi in ogni caso omaggiati, “Nonostante i piatti della nostra tradizione vengano a volte storpiati nelle altre cucine – ci spiegano i fratelli Cerea - il fatto che siano comunque riproposti ti fa sentire orgoglioso, perché vuol dire che sono ricette che hanno saputo contraddistinguersi negli anni e hanno fatto capire al mondo intero quanto buoni siano i nostri prodotti agroalimentari”.
Per quanto riguarda il segreto per una Carbonara a regola d’arte, gli chef stellati ci ripropongono quello preferito di tutti gli amanti di questo primo, consiglio unico ed immortale: “Rendere il più possibile cremoso il piatto, senza far cuocere l'uovo”.
Riguardo alle origini del piatto invece, ci dicono che la versione più realistica della storia è quella che vuole che la Carbonara “nasce dall’incontro dei viandanti provenienti dalle diverse regioni del centro Italia che, ognuno con il proprio prodotto tipico, un giorno decisero di provare ad assemblare le loro specialità, dando vita a questo piatto diventato oggi iconico della tradizione culinaria italiana. Il nome – concludono - deriva forse dal fatto che, agli albori della sua diffusione, veniva presentata con un'abbondante spolverata di pepe nero, che ricordava in parte il carbone”.
Entriamo ancor più nello studio della storia del piatto con chef Pino Posteraro, proprietario di Cioppino’s, tempio della cucina tricolore nazionale nel cuore di Vancouver, “I primi cenni ‘maccheroni cacio e uova’ – ci spiega - risalgono a Francesco Palma, gastronomo Napoletano nel 1881. Ada Boni nel 1949 parla di qualcosa di simile senza uova (Gricia?). Il primo cenno di Spaghetti alla Carbonara è in un film del 1951, “Cameriera di bella presenza”, che sapeva fare l’amatriciana, ma non la carbonara. In una guida culinaria di Chicago nel 1952 vi è la prima ricetta della Carbonara (Stati uniti). Solo nel 1954 compare in Italia e si utilizza gruviera ed aglio. Nel 1960 Carnacina menziona la carbonara e l’utilizzo della panna, anche se poca”.
L’impressione è che ricostruire la vera discendenza della Carbonara sia complessa quanto la ricerca di Atlantide, un mito irraggiungibile che fa sognare tutti gli amanti del genere, con la sola e significativa differenza che la Carbonara oggi è viva e vegeta, è entrata a far parte della nostra cultura e sta lì, a disposizione di chiunque voglia cimentarsi per rievocarne il sapore.
Anche per questo i consigli di chef così importanti sono sempre graditi: “Il segreto per una Carbonara perfetta sono un grande guanciale (o anche pancetta stesa) ed un perfetto spaghetto monograno trafilato in bronzo ed essiccato naturalmente. Quando si rosola il guanciale – prosegue nella spiegazione chef Posteraro - uno spicchio di aglio in camicia non disdegna...La liaison può essere fatta con rosso e qualche chiara d’uovo, nel pieno senso di sostenibilità, poi 50% pecorino Romano 50% Parmigiano”. Chissà se Carlo Ancelotti, suo intimo amico e cliente abituale, avrà finalmente imparato come si realizza una Carbonara a dovere?
“Lui ama cucinare, mi ricordo che quando era a Monaco si cimentò a fare la carbonara con...la cipolla. In Italia lo massacrarono. Eppure ci sono così tante versioni sbagliate in Italia e a Roma! La Gricia per tradizione non usava infatti la cipolla? La versione che infastidisce di più – conclude - è quella che utilizza il bacon affumicato!”. Come si è capito, chef Pino Posteraro è meno rigido riguardo l’argomento, “Oggi come oggi – ci dice infatti - è importante essere legati alle proprie tradizioni, però è anacronistico pensare di fare una cucina Italiana ‘pura’ fuori dall’Italia. La mia filosofia è tradizione ed evoluzione. E’ importante fare i piatti della tradizione come Dio comanda, per essere tramandati integri, però è pure importante evolversi”.