AGI - Una serie di denunce, con conseguenti rinvii a giudizio, e il prezzo del latte ancora al di sotto dell’euro al litro. È quanto resta dopo due anni dalla clamorosa protesta dei pastori sardi che avevano bloccato le strade 'sequestrando' le autobotti dirette ai caseifici inondando le strade di latte.
“Se sarà condannato un solo pastore, siamo pronti ad autodenunciarci tutti - riferisce all’AGI Nenneddu Sanna portavoce dei pastori senza bandiere - sarebbe una vergogna, stavamo difendendo il nostro lavoro e non c’è un solo rappresentante politico che ci abbia difeso. L’allora ministro dell’interno Matteo Salvini aveva promesso che non avrebbe mosso un dito contro i pastori sardi - ricorda - ma eravamo in campagna elettorale”.
Le proteste durante la campagna elettorale
Era il febbraio 2019 e le immagini del latte sversato per le strade avevano colpito nel segno e avevano fatto rimbalzare la protesta dei pastori sui media nazionali e internazionali. Il prezzo era di 60 centesimi al litro, ben al di sotto di una soglia remunerativa.
La politica nazionale aprì tavoli emergenziali per tutta la filiera con l’allora ministro delle politiche agricole Gian Marco Centinaio; le promesse di Matteo Salvini, che raggiunse la Sardegna per incontrare le delegazioni dei pastori, si incrociavano con la campagna elettorale per il rinnovo del Consiglio regionale.
Da allora si sono alternati tre governi: con quello giallo-rosso, i pastori hanno partecipato a un incontro a Cagliari con la ministra competente Teresa Bellanova, con l’attuale ancora nessuna interlocuzione.
Il prezzo al litro resta fermo a 85 centesimi
Al netto delle promesse della politica nazionale e regionale, il prezzo si è fermato oggi a 85 centesimi ancor ben lontano dalla soglia di un euro richiesta fin da allora per vedere ripagato degnamente il lavoro degli allevatori dell'isola: “Solo le cooperative stanno pagando il latte ad un euro, ma gli industriali, venendo meno alla griglia che avevano proposto nell’ultimo tavolo, si sono fermati ad 85 centesimi - spiega Sanna - sostengono che quel prospetto fosse solo per l’anno dell’emergenza e invece era una griglia progressiva che impegnava a portare il prezzo ad un euro”.
Ma secondo i pastori le attuali quotazioni dei prodotti caseari giustificherebbero un prezzo anche al di sopra dell’euro: “Il Pecorino Romano è fissato a 8,35 al chilo - sottolinea Sanna - sufficiente a stare anche ad un euro e dieci per litro di latte”.
Una ventina di pastori in tribunale a maggio
Intanto a maggio una ventina di pastori andranno a processo per due episodi in particolare, quelli del 9 febbraio 2019, nei primi giorni dell’aspra lotta degli allevatori.
Quel giorno un gruppo di pastori assaltò uno tra i più importanti stabilimenti in Sardegna, il caseificio Pinna a Thiesi nel Sassarese costringendo, stando all’accusa, imprenditori e dipendenti a barricarsi per evitare la ferocia dei manifestanti che danneggiarono porte, finestre e strumentazioni e versarono il latte per terra.
In quella stessa giornata a Torralba, sempre nel Sassarese, in località Cabu Abbas alcuni manifestanti bloccarono la strada dove un autotrasportatore trainava un rimorchio di derrate alimentari che i pastori gettarono sull’asfalto.
Erano ore in cui le manifestazioni si moltiplicavano in tutta la regione, focolai di malessere si accendevano in più parti mentre le immagini dei fiumi di latte munto dalle pecore che scorrevano sulle strade facevano il giro dei media e diventavano virali sui social: l’obiettivo degli allevatori era che la vertenza arrivasse più lontano possibile.
Così la stagione più movimentata di protesta dei pastori contro gli industriali accusati di fare cartello sul prezzo del latte fece il giro del mondo.
“È motivo di soddisfazione aver portato le nostre istanze all’attenzione di tutti ed essere riusciti a far capire agli industriali che il ‘padrone’ del latte è il pastore - confessa il rappresentante degli allevatori - ma ora occorre un tavolo per fissare regole per tutta la filiera e stabilire il prezzo per sempre. Il latte con queste regole finirà, non ci sarà cambio generazionale - è la preoccupazione di Sanna - solo nel mio paese, Orune nel Nuorese, hanno chiuso un quindicina di aziende e abbiamo perso circa duemila pecore”.